Lavoro da remoto nel settore del credito, presentata la ricerca Fisac Cgil Toscana-Siena

“Una rinascita”. “No, una fregatura”. Lavoro da remoto nel settore finanziario e dei servizi al credito: i vantaggi, i limiti, le paure, i rischi, le opportunità e le insofferenze. Presentata la ricerca Fisac Cgil (curata dal sociologo Pippo Russo) con interviste “in profondità” a 41 lavoratori e lavoratrici senesi.
Quiriconi, segretario generale Fisac Cgil Toscana: “E’ un profondo cambiamento delle condizioni di lavoro, della sua organizzazione, del modello di contrattazione: il lavoro da remoto ora va contrattato”.
Seggiani, segretario generale Cgil Siena: “E’ necessario considerare anche le ricadute che il lavoro da remoto ha sull’intera economia di un territorio come quello di Siena, a partire dalle ripercussioni sui lavoratori e sulle lavoratrici che operano nel settore dei servizi e degli appalti”

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Una pericolosa tendenza a veder svanire il confine fra tempo di vita e di lavoro. La possibilità per le aziende di abbattere i costi enormemente. L’aumento della produttività (si lavora di più nello stesso arco di ore e si sfora l’orario di lavoro senza che ve ne sia reale necessità). E ancora: le rare e isolate esperienze di smart working effettuate nelle aziende prima della pandemia erano avvenute in modo disfunzionale; era visto dalle direzioni come un fastidio più che un’opportunità, poi con la pandemia è cambiato tutto (si sono palesate alle direzioni le possibilità di ristrutturazione, controllo e abbattimento dei costi). Non mancano neanche indicazioni contraddittorie: “Con lo smart working sono rinata”, “è una fregatura, e ho pure problemi di connessione dove abito”, “a casa ci si concentra meglio”, “manca il confronto diretto coi colleghi per risolvere le questioni sul lavoro”, “non si stacca mai, mi capita di leggere mail dei colleghi inviate a orari improponibili”.

Sono solo alcuni degli elementi che emergono dalla ricerca Remote working class – 41 storie di lavoro da remoto” realizzata da Pippo Russo (professore del dipartimento sociologia dell’Università di Firenze) in 45 ore di interviste “in profondità” a lavoratori e lavoratrici senesi nel settore finanziario e dei servizi al credito. L’indagine, commissionata da Fisac Cgil Toscana e Fisac Cgil Siena, è stata presentata oggi in una diretta streaming sul sito e sulla pagina Facebook di Fisac Cgil Toscana. “Si tratta della prima indagine che indaga condizioni, stato d’animo, sentimenti in un settore in cui il lavoro a distanza ha impattato con forza maggiore rispetto ad altri, non limitandosi alla semplice somministrazione di questionari a distanza, ma interagendo con lunghe interviste con i diretti interessati – ha detto Daniele Quiriconi, segretario generale di Fisac Cgil Toscana -. Emergono, insieme ai vantaggi, i limiti, le paure, i rischi e le insofferenze per una situazione determinata da forza maggiore, ma che può essere il preludio ad un profondo cambiamento delle condizioni di lavoro, della sua organizzazione, del modello di contrattazione. E questo è il compito del sindacato: contrattare il lavoro da remoto con le imprese”. Ha aggiunto Fabio Seggiani, Segretario Generale Cgil Siena: “Dato che nel post-pandemia questa modalità lavorativa continuerà ad essere applicata, è assolutamente necessario considerare anche le ricadute che il lavoro da remoto ha sull’intera economia di un territorio come quello di Siena, a partire dalle ripercussioni sui lavoratori e sulle lavoratrici che operano nel settore dei servizi e degli appalti”.

Alla presentazione della ricerca sono intervenuti, oltre a Quiriconi, Seggiani e Russo, Alessandro Lotti (Segretario Generale Fisac CGIL Siena), Cristina Pascucci (Segreteria Fisac CGIL Toscana), Gabriele Poeta Paccati (Segretario Generale Fisac CGIL Lombardia), Emilia Razzolini (lavoratrice MPS), Chiara Canton (Segreteria Nazionale Fisac CGIL).

SINTESI DELLA RICERCA DI PIPPO RUSSO

L’indirizzo di partenza della ricerca è stato quello di valutare l’impatto dello Smart Working (da qui in poi SW) sulle lavoratrici e i lavoratori del settore in Toscana, attraverso l’adozione di un approccio qualitativo che permettesse di andare oltre la collezione di dati statistici.

L’obiettivo che ha ispirato la ricerca e ne ha guidato il lavoro è stato infatti fare emergere la dimensione esperienziale dello SW, utilizzato a sua volta non soltanto nella sua accezione di modalità operativa, ma soprattutto come una chiave di lettura sui mutamenti nei rapporti di lavoro che il settore del credito e dei servizi finanziari sta affrontando. Mutamenti che erano parzialmente in itinere prima della pandemia, e che con l’adozione forzata delle misure d’emergenza sono stati accelerati e hanno trovato una nuova legittimazione.

Il metodo qualitativo della ricerca ha portato alla scelta dell’intervista in profondità come strumento per raccogliere i dati e fare emergere, per quanto più possibile, la vasta complessità della realtà che si intendeva analizzare. Per quanto riguarda lo specifico dello strumento, si è optato per la forma strutturata dell’intervista in profondità, impostata su una lista di domande concordata con Fisac Siena e divisa in quattro sezioni: 1) Definizione generale dello SW e sua percezione, sia individuale che condivisa fra colleghe/i; 2) Impatto economico dello SW sulla vita personale; 3) Rapporto col sindacato e suo funzionamento durante il periodo della pandemia; 4) Nuovo equilibrio fra tempo di lavoro e tempo di vita in conseguenza dei diversi cicli di confinamento e dell’accesso allo SW.

L’opzione per la forma strutturata dell’intervista non ha impedito che strada facendo lo strumento venisse reso elastico attraverso la correzione dello schema di intervista e l’aggiunta di domande su temi emersi nel corso della somministrazione. Si trattava di un’eventualità messa in conto al momento di avviare la ricerca, poiché non si era avuta possibilità di effettuare un pre-test dell’intervista e misurarne il pieno funzionamento. In linea generale lo schema di domande è stato comunque utilizzato in modo flessibile, variando talvolta l’ordine a seconda delle risposte date dall’intervistata/o e decidendo di saltare quelle domande che in conseguenza dell’andamento dello scambio si rivelavano superflue.

Le interviste realizzate sono 41 e riguardano un campione di persone equilibrato per genere (22 donne, 19 uomini), età (classi di nascita che vanno dal 1959 al 1989), mansioni e ruoli svolti. Le aziende cui i soggetti intervistati fanno capo sono Monte dei Paschi di Siena, Intesa San Paolo e Nexi. Il programma di interviste è stato condotto durante un arco temporale che va dagli ultimi giorni di dicembre 2020 e i primi giorni di marzo 2021. Le interviste sono state realizzate in via telematica e sono state quasi tutte registrate sia in audiovideo che in solo audio. A intervistate/i è stata data possibilità di scegliere se presentarsi con nome e cognome reali o se utilizzare uno pseudonimo. In 26 hanno scelto l’utilizzo del nome e del cognome reali e in 15 hanno optato per uno pseudonimo.

Le indicazioni di analisi emerse in oltre 45 ore di registrazioni sono numerose e compongono un materiale di grande vastità, di cui verrà reso conto con sistematicità grazie alla pubblicazione di un libro prevista per l’autunno.

Provando a elencare alcuni fra gli spunti più significativi, si può indicare i seguenti:

  • SW o non SW?: la prima domanda dell’intervista, relativa a una richiesta di definire o provare a spiegare cosa sia lo SW, ha fatto emergere con nettezza che esso è un grande equivoco e che comunque, secondo la gran parte delle opinioni espresse, non corrisponde alla modalità adottata a partire da marzo 2020 con le ondate successive di confinamento. Molte risposte mostrano una chiara consapevolezza di cosa lo SW avrebbe dovuto essere e perciò segnalano lo scarto fra modello e realtà. Altre partono dalle considerazioni sulle conseguenze che questa modalità ha avuto per la vita privata e per questo sacrificano una visione più prospettica.
  • La modalità preterintenzionale: Dalle considerazioni esposte sopra deriva un altro aspetto che le interviste mettono in evidenza: giusta o sbagliata che sia, la versione dello SW che abbiamo conosciuto, e che adesso fa da riferimento, è questa. Così è stata percepita, esperita e condivisa. Ogni tentativo di correggere questa visione della cosa, qualora lo si volesse tentare, dovrebbe fare i conti col modo in cui lo SW è stato strutturato nell’esperienza che da oltre un anno a questa parte ne è stata fatta. È l’effetto di una modalità di lavoro preterintenzionale, poiché nella sua dimensione generalizzata è stata adottata in emergenza e senza che ne fosse stato proposto un rodaggio da farsi in condizioni di normalità, come invece sarebbe stato auspicabile.
  • Né diritto né razionalizzazione, ma opportunità speculativa: riguardo alla non preparazione del sistema produttivo (quello bancario e dei servizi al credito nel particolare, ma anche il sistema economico produttivo in generale), va segnalato che le rare e isolate esperienze di SW effettuate nelle aziende prima della pandemia erano avvenute in modo disfunzionale. Le testimonianze rese da intervistate e intervistati riferiscono quale fosse il fastidio, spesso oltre il limite del boicottaggio, mostrato dai capi e dalle direzioni verso uno strumento che dovrebbe essere un diritto per il/la dipendente e uno strumento di razionalizzazione per l’azienda. Tale predisposizione negativa totalmente mutata con l’arrivo della pandemia, che ha reso esplicite alle direzioni le opportunità di ristrutturazione, controllo e abbattimento dei costi insite nello SW.
  • Parliamo di produttività?: su un aspetto il parere è molto diffuso: si tratti di SW o di altro, questa modalità permette di raggiungere livelli di produttività nettamente più elevati che quelli possibili sul posto di lavoro. Le condizioni di isolamento permettono di raggiungere gradi di concentrazione e continuità spesso impossibili sul posto di lavoro. Va a finire che si lavora di più nello stesso arco di ore (intensività), ma anche che si sfori l’orario di lavoro senza che ve ne sia reale necessità (estensività). Ne consegue in SW la produttività dei/lle dipendenti è chiaramente aumentata. Sarebbe un tema da porre in sede di contrattazione salariale?
  • Le smisurate riserve: altro elemento condiviso all’unanimità è che grazie all’adozione generalizzata dello SW le aziende hanno potuto abbattere costi in misura enorme, e che ciò ha anche permesse loro di avviare una vasta ristrutturazione relativamente a sedi, immobili, luoghi e postazioni di lavoro, gestione del personale. Si pone la questione delle modalità con cui questa ristrutturazione viene adottata e sul rischio che le aziende facciano affidamento soprattutto sul risparmio tralasciando sviluppo e investimento.
  • L’impossibile separazione: la sezione delle domande relativa all’intreccio fra tempo di lavoro e tempo di vita mette in evidenza, sia pure in misura non generalizzata, una pericolosa tendenza a veder svanire il confine fra le due sfere. Si tratta di un possibile lascito che ancora non si è in grado di valutare, né lo si sarà fino a che non sarà stata completata l’uscita dalla pandemia. Ma le premesse per un fenomeno preoccupante rispetto alla sfera personale delle/dei dipendenti sono già ben visibili.
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