Lavoro, Cgil: cancellare diritti non aumenta occupazione

Nuovo rallentamento dei contratti a tempo indeterminato, crescita dell’incidenza del contratto a termine sul totale delle attivazioni e aumento delle cessazioni dimostrano che il mercato del lavoro Š tutt’altro che stabilizzato e risente dell’assenza di politiche di sostegno alla domanda. Incentivi e deregolazione non bastano, sono ricette vecchie che non danno risposte adeguate. Cos Serena Sorrentino, segretaria confederale della Cgil, commenta i primi dati resi noti dal ministero del Lavoro, riferiti al mese di maggio 2015 e ricavati dal Sistema informativo delle comunicazioni obbligatorie.Il quadro ci preoccupa: lo scorso mese ? spiega l’esponente Cgil ? le attivazioni a tempo indeterminato sono state 153.633, il 19,7% del totale, a fronte di 152.023 cessazioni (25,2%), mentre ad aprile le prime raggiungevano quota 199.640 (21,9% del totale) e le cessazioni 149.789 (21,4%). Altro dato preoccupante, la diminuzione delle trasformazioni: a maggio 29.934, ad aprile 36.428. Nessuno rileva, poi, il rialzo del ricorso al contratto a termine che torna ad avere un’incidenza maggiore sulle attivazioni totali (66,5% nel maggio 2015 e 65,6% ad aprile 2015).Secondo la dirigente sindacale, il tema vero rimane la creazione di occupazione e lo stimolo agli investimenti: cancellare i diritti del lavoro, come Š accaduto con il Jobs act, non sta determinando quella svolta epocale annunciata dal governo. Per questo, la nostra mobilitazione continua con la contrattazione, con il Piano del lavoro e la proposta di nuovo Statuto dei diritti delle lavoratrici e lavoratori. da rassegna.it

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