LAVORO: ART.18, RESTA IL REINTEGRO NO DA IMPRESE

Alla fine l’hanno spuntata i sindacati e, in particolare, la Cgil di Susanna Camusso. L’articolo 18 resta e per i licenziamenti economici il reintegro sara’ possibile se il giudice ne rileva l’infondatezza. Ad annunciarlo e’ stata il ministro del lavoro, Elsa Fornero precisando che il disegno di legge della riforma del lavoro prevede che in caso di manifesta infondatezza eo insussistenza, il giudice possa decidere la reintegrazione, in altri casi vale l’indennizzo. Nel corso della conferenza stampa di presentazione della riforma del mercato del lavoro con il premier, Mario Monti, Fornero ha spiegato che si tratta di una soluzione lineare ed equilibrata sottolineando che sull’articolo 18 e’ avvenuto lo spacchettamento. Il governo – ha aggiunto – ha individuato tipologie di licenziamento: oggettivo, disciplinare e discriminatorio. Il discriminatorio e’ costituzionale, e deve restare. Il disciplinare prevede che il giudice decide e sceglie tra indennizzo da 12 a 24 mensilita’ e reintegrazione. Contrarie le imprese. Confindustria, ABI, ANIA, Alleanza delle Cooperative e le altre organizzazioni imprenditoriali sottolineano, in modo congiunto, che l’impianto complessivo della riforma gia’ irrigidisce il mercato del lavoro riducendo la flessibilita’ in entrata e abolendo, seppur gradualmente, l’indennita’ di mobilita’, strumento importante per le ristrutturazioni aziendali. Queste maggiori rigidita’ trovavano un logico bilanciamento nella nuova disciplina delle flessibilita’ in uscita. A fronte di questo equilibrio, Confindustria, ABI, ANIA, Alleanza delle Cooperative e le altre organizzazioni imprenditoriali si erano risolte a sottoscrivere il verbale, proposto dal Presidente del Consiglio, che concludeva il confronto tra le parti. Per banche e imprese le modifiche che oggi vengono prospettate vanificano il difficile equilibrio raggiunto e rischiano di determinare, nel loro complesso, un arretramento piuttosto che un miglioramento del nostro mercato del lavoro e delle condizioni di competitivita’ delle imprese, rendendo piu’ difficili le assunzioni. Tra queste modifiche – aggiungono – risultano inaccettabili, in particolare, la diversa disciplina per i licenziamenti di natura economica e quella che va complessivamente configurandosi per i contratti a termine, specie per quelli aventi carattere stagionale. Per le organizzazioni al paese serve una buona riforma e che, piuttosto che una cattiva riforma, e’ meglio non fare alcuna riforma. Altra novita’ del ddl: la Pubblica amministrazione. La riforma del mercato del lavoro, infatti, riguardera’ anche il pubblico impiego. A confermarlo e’ stata la stessa Fornero che ha spiegato che la riforma al momento non contiene la delega sui dipendenti della P.A. che verra’ inserita in seguito. C’e’ una quarta delega che riguarda il pubblico impiego – ha detto Fornero – ma non e’ una vera e propria delega. Sarebbe stato per me preferibile che nel ddl ci fosse la delega sul riordino del pubblico impiego, ma il ministro Patroni Griffi ha detto: ‘tu hai usato un periodo di dialogo con le parti sociali, io devo avere il mio dialogo con il sindacato’. Per questo – ha aggiunto Fornero – lui ha promesso che avrebbe portato una proposta di delega che sostituisce l’attuale articolo 2 che tratta dei rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione dopo aver consultato le parti sociali. Soddisfatto il premier che valuta la riforma di rilievo storico per l’Italia messa a punto per la crescita e per il contributo all’occupazione. E’ una riforma – ha proseguito Monti – che porta nella continuita’ ad una svolta per il mercato del lavoro con prospettiva di crescita. Si intende realizzare, con questo nuove regole – ha detto -, un mercato del lavoro inclusivo e dinamico. Secondo il presidente del consiglio, poi, la riforma contrasta il dualismo del mercato del lavoro, favorendo rapporti piu’ stabili e limitando la precarizzazione per i giovani e per le categori piu’ deboli. ASCA

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