Lavoro: Accoto, ritardo assunzioni centri impiego, solo 2198 su 11.600 autorizzate 7 Regioni al palo

“Dall’analisi dell’organizzazione regionale dei Centri per l’Impiego emerge come il problema del loro funzionamento sia strutturale in alcune zone e crei dei gap incolmabili tra aree diverse del Paese. I cittadini italiani hanno il diritto ad avere un sistema pubblico di reclutamento in salute che possa connetterli al mercato del lavoro e a percorsi formativi. L’attesa riforma delle politiche attive sul lavoro, il piano Garanzia Occupazione Lavoratori, il Piano nazionale nuove competenze, il Reddito di Cittadinanza e gli ammortizzatori sociali, sono infatti tutti legati al pieno funzionamento dei CPI””. E’ quanto afferma la sottosegretaria al Lavoro Rossella Accoto. “Come ho anticipato questa mattina, intervenendo a Radio24, l’aggiornamento dei dati delle assunzioni nei Centri per l’impiego italiani è tutt’altro che roseo. La Legge istitutiva del RdC aveva previsto 11.600 nuovi ingressi ma, a distanza di più di due anni, le Regioni sono in un colpevole ritardo che non colmeranno neanche entro il 2022. Se a marzo gli assunti risultavano essere 1330, l’incremento nel secondo trimestre 2021 è stato di 868 unità. Quindi in totale siamo a 2198. Il dato allarmante è che sette Regioni sono ancora ferme al palo e lo saranno per tutto il 2021”. “E’ inaccettabile – sottolinea – che le Regioni, pur in presenza di assunzioni già autorizzate, non facciano il proprio dovere. Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia si prendano le proprie responsabilità. Sempre dalle comunicazioni ufficiali pervenute al ministero dalle Regioni sappiamo che entro fine anno entreranno solo altre 422 risorse già comunicate, auspico per questo che vengano avviati al più presto ulteriori bandi per ridurre il ritardo accumulato. La pandemia non può essere più una scusa per bloccare il potenziamento dei Centri per l’impiego. Il mercato del lavoro non aspetta, dietro a questa attesa ci sono migliaia di persone che pagano in prima persona, vedendo frustrate le loro possibilità di reinserimento lavorativo”. (ANSA).

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