Landini, “Sul Recovery niente pasticci, i fondi per creare posti di qualità”

Un’onda lunga di lavoratori sottopagati, è questa l’eredità della pandemia. Come evitarla? «Dobbiamo decidere adesso come intervenire. Sarebbe un grave errore aspettare la scadenza del blocco dei licenziamenti». Maurizio Landini, numero uno della Cgil, è preoccupato per quanto potrà accadere nei prossimi mesi in Italia. «Dobbiamo decidere bene come spendere i soldi che arriveranno, creare lavoro di qualità. Questo è l’obiettivo che unisce il Paese». Ha ragione Renzi?«Il problema della governance lo poniamo da prima di Renzi. Poi lui ci ha dato ragione. Vanno evitati politicismi strumentali e soluzioni pasticciate».

Landini, che cosa la preoccupa?
«Storicamente noi italiani abbiamo avuto difficoltà ad utilizzare le risorse comunitarie perché non si è voluto innovare ed investire sulla pubblica amministrazione».
Lo avete detto al governo?
«Lo sanno. Fino ad oggi non abbiamo avuto la possibilità di confrontarci. Vedo girare delle bozze».
E non le piacciono?
«Ci sono cose che non mi convincono. Non è tempo dí distribuire incentivi e decontribuzioni alle imprese senza condizioni, così come invece fanno in Francia e in Germania, e senza un progetto per il Paese. Così sprechiamo una grande occasione».
Quali condizioni metterebbe?
«Vorrei che si stabilissero i settori strategici e poi si vincolassero gli aiuti. Per esempio favorendo chi decide di far rientrare in Italia il lavoro che aveva trasferito all’estero. Costruendo filiere e reti di impresa. Anche così ci si prepara alla fine del blocco dei licenziamenti».
Che cosa accadrà quel giorno?
«Dipende molto da ciò che decidiamo oggi: dalla riforma degli ammortizzatori sociali e dai contratti di solidarietà che devono essere incentivati. Come verrà fatta la formazione a chi deve imparare un nuovo mestiere nell’era digitale. Quanto verrà destinato in investimenti sulle energie rinnovabili, ai settori di cura, nei servizi dove, oltretutto, è più forte e può crescere davvero l’occupazione femminile».
Quel che prevedono le bozze su questo non la soddisfa?
«Constato che negli ultimi anni in sanità sono stati fatti tagli per 37 miliardi, di cui hanno risentito i servizi di prossimità e sul territorio. E che nelle bozze ne sono previsti 9. E evidentemente uno stanziamento inadeguato».
Avete organizzato uno sciopero del pubblico impiego in piena pandemia. Vi accusano di proteggere solo i garantiti.
«Sarebbe bene finirla con questa contrapposizione tra garantiti e non garantiti. Chi per vivere lavora nelle fabbriche e negli uffici non è affatto garantito».
Ma lo sciopero durante la pandemia? Era necessario?
«Purtroppo si è dimostrato necessario. E’ un fatto che all’indomani dello sciopero, dopo un anno di inutili richieste, il governo ha finalmente ricevuto i sindacati per avviare la trattativa».
Una trattativa per ottenere che cosa?
«Una vera riforma della pubblica amministrazione anche attraverso il rinnovo del contratto, assunzioni di personale e stabilizzazione dei precari in quei servizi essenziali che oggi sono in crisi. Chi protesta contro lo sciopero della pubblica amministrazione pensi al fatto che senza quelle assunzioni i servizi essenziali lavorano male e i cittadini sono serviti peggio. Tutto si tiene».
Avete firmato un accordo con il governo per far lavorare i cantieri 24 ore su 24 e accelerare i lavori pubblici. Non potevate farlo prima?
«Siamo noi che lo abbiamo proposto. Lavoreranno quattro squadre che gireranno su tre turni. Così trasformiamo gli straordinari di prima in nuova occupazione. E in occupazione di qualità. Questo è un altro punto che non mi piace delle bozze».
In che senso?
«Che con la formazione e la contrattazione dovremo produrre non semplice lavoro ma lavoro di qualità. Vedo invece spuntare dalle carte che circolano ipotesi di commissari e norme di deregolamentazione che alla fine facilitano solo appalti al massimo ribasso, subappalti dei subappalti. Tutte condizioni che favoriscono il lavoro a basso costo poco qualificato e poco retribuito. Insomma, l’andazzo di prima».
Per evitare i finanziamenti a pioggia il governo ha previsto una numerosa task force di tecnici. Non vi piace?
«Invece di immaginare una pattuglia di manager esterni, si pensi ad assunzioni che rafforzano la struttura statale e all’utilizzo delle capacità presenti nella pubblica amministrazione».
Non c’è il rischio che una parte del personale degli uffici pubblici non sia preparato al salto digitale?
«Lo sì qualifichi. E si assumano giovani. Ma non solo negli uffici centrali ma anche nella filiera operativa a partire dalle amministrazioni locali. Saranno loro l’ossatura del Paese nei prossimi
decenni e a far fruttare i 200 miliardi di finanziamenti che arriveranno. Le scelte di oggi avranno effetti per i prossimi dieci anni. Non dimentichiamolo mai».
Che cosa metterebbe al posto della task force?
«Una struttura snella alla Presidenza del Consiglio, un rappresentante per ministero, un responsabile per ogni regione. Un piano strategico condiviso. Ed una trattativa vera con le parti sociali sulle scelte di fondo. Infine sedi di monitoraggio permanente».
Sa che la sua posizione somiglia molto a quella di Renzi? Muovete critiche simili a Conte.
«È Renzi che si è trovato d’accordo con noi. Queste cose le diciamo da settembre. Noi chiediamo al governo che c’è di realizzare con noi le riforme del fisco, degli ammortizzatori, fino alla legge sulla rappresentanza».
Siete d’accordo anche sulla necessità di un rimpasto?
«Non è compito nostro. Non penso a rimpasti, equilibri politici, quelle cose. Mi interessa che i finanziamenti in arrivo servano davvero a cambiare faccia a questo Paese e a migliorare le condizioni di lavoro dei suoi cittadini».
Questo governo non discute con voi. Si ricorda quando accusavate Renzi di non aprire la sala verde di Palazzo Chigi?
«Questo governo ha discusso con noi le regole dell’emergenza e in 18 ore siamo riusciti a mettere in piedi un accordo che ha permesso di garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro e alle aziende di riprendere il lavoro già a fine marzo».
Adesso che bisogna invece scegliere i progetti non vi consulta più?
«Ecco, vorrei proprio evitare questo. Quando c’è l’emergenza si tratta con i sindacati. Quando è necessario discutere delle strategie di crescita del Paese, allora si fa da soli».
Lo Stato è entrato nell’Ilva. Soddisfatto?
«Non vedo lo scandalo. Nelle grandi aziende in tutta Europa lo Stato è presente. Anche in quelle automobilistiche se pensiamo a Francia e Germania».
Secondo lei potrà vivere l’Ilva senza l’area a caldo, come propongono gli enti locali pugliesi? «No. I forni elettrici saranno integrati e aggiuntivi. Senza il ciclo integrale quello stabilimento non può esistere. Servono i necessari investimenti per la tutela ambientale».

Di Paolo Griseri da La Stampa (12.12.2020)

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