Landini ricorda Rossanda: il dialogo con il sindacato, serrato e senza sconti

Ci mancheranno il suo rigore, il suo“pensiero forte” tipico di tante compagne e tanti compagni che hanno attraversato“il secolo scorso” che è stato il secolo della grande politica, delle grandi battaglie perla dignità del lavoro e per la liberazione delle donne e degli uomini.

Voglio esprimere a nome mio e di tutta la Cgil il dolore e il profondo cordoglio per la
scomparsa di Rossana Rossanda: partigiana in giovanissima età, dirigente del PCI,
fondatrice de Il Manifesto insieme ai compagni e alle compagne di una vita, fine
intellettuale e donna di grande cultura.
Il suo impegno di militante comunista e studiosa si è rivolto per tutta la vita alla
ricostruzione di un pensiero critico e di un profondo rinnovamento della cultura e
della politica della sinistra, italiana e non solo.
Ne sono un tratto fondamentale l’analisi e la ricerca sull’esperienza delle società del
cosiddetto “Socialismo reale”.
Rossanda intendeva scandagliare le ragioni profonde della crisi e della
degenerazione di quelle esperienze. Da quella analisi si dovevano ricercare le
condizioni per un superamento da sinistra della crisi delle società dell’Est. Capire
cioè come si potesse esprimere una critica di sinistra a società che avevano
mortificato il protagonismo e la partecipazione che dovrebbero rappresentare invece
il tratto saliente di tutte le esperienze che si richiamano ai valori del socialismo e del
comunismo.
In secondo luogo, come non ricordare la sua grande attenzione al tema della scuola
e della formazione? Ma anche qui, il suo interesse non era semplicemente quello di
una raffinata intellettuale. No, la sua ricerca prendeva corpo da quel grande
movimento degli studenti che nel 1968 scosse l’Italia, l’Europa, il Mondo. Si
affacciava un nuovo protagonismo, una intera generazione che prendeva la parola
attorno a problemi analoghi: una scuola e un sistema formativo certamente ampliati,
ma nei quali permanevano le disuguaglianze sociali che, anziché ricomporsi si
moltiplicavano grazie a non codificate esclusioni. Rossanda coglie e scrive su tutto
questo. Ma la sua analisi va più a fondo. Quel movimento, ci dice lucidamente
Rossanda, poneva questioni ben più complesse: le disuguaglianze nel sistema
formativo avevano origine dai rapporti sociali di produzione, dalla logica della società
capitalista costruita sui valori del mercato e della competizione. Anche per questa
ragione in Europa, e in particolare in Italia, quel movimento cercò un rapporto con la
fabbrica, con le lotte degli operai della fine degli anni ‘60.
Sono proprio le lotte operaie l’altro grande campo di impegno e di ricerca di Rossana
Rossanda. Di queste lotte coglie infatti la straordinaria portata innovatrice: si
affermano rivendicazioni legate non solo al salario e agli orari, ma viene posta in
discussione l’intera organizzazione “fordista” del lavoro: i ritmi, il cottimo, la salute,
le gerarchie. E qui c’è un tratto fondamentale di Rossanda: la sua capacità e il suo
testardo impegno di coniugare le ricerca, la cultura politica con la condizione di vita
delle persone, a partire dalla condizione di lavoro. Un tratto che non ha disperso
neanche in anni recenti nel corso dei quali una cattiva politica ha invece rotto il
rapporto con il lavoro e i suoi protagonisti. Rossanda infatti ha sempre cercato di
analizzare e capire i cambiamenti intervenuti nell’organizzazione del lavoro e della
produzione, come cioè si potesse ricostruire un protagonismo del mondo del lavoro.
Infine un ricordo personale. Appena eletto Segretario Generale della Cgil, Rossanda
mi contattò per una intervista per Il Manifesto. Indubbiamente considerava la Cgil, a
fronte della prolungata crisi delle formazioni della sinistra, una delle principali
organizzazioni di rappresentanza sociale in grado di battersi per un progetto di
trasformazione, testimonianza diretta della sua volontà non sopita di guardare ai
soggetti di un possibile cambiamento. In quell’intervista mi chiese conto delle ragioni
della mancata adesione della Cgil allo sciopero promosso da “Non una di meno” per
l’8 marzo, avendo tenuto lei, in questi anni, un confronto vivo e a volte anche aspro
con il movimento femminista e con le sue associazioni. Ne discutemmo a lungo e
animatamente perché Rossanda era anche questo: riconoscimento del ruolo
fondamentale di un’organizzazione come la Cgil senza però lesinare critiche ed
esprimere diversità di opinione su singole scelte, anche importanti.
Rossanda ci mancherà anche per tutto questo. Ci mancheranno il suo rigore, il suo
“pensiero forte” tipico di tante compagne e tanti compagni che hanno attraversato
“il secolo scorso” che è stato il secolo della grande politica, delle grandi battaglie per
la dignità del lavoro e per la liberazione delle donne e degli uomini. Ma proprio per
questo persone come Rossanda, per ciò che hanno scritto e fatto nella loro vita, sono
in grado di parlarci e dirci molto anche per l’oggi e per il domani.
Maurizio Landini

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