Landini, “La politica ignora il disagio del paese”

L’intervento del Garante è una pietra d’inciampo, ma non muta la rotta: “Si va avanti tenendo conto delle osservazioni”
di Eugenio Faticante*. Maurizio Landini rinnova con coerenza le ragioni che hanno portato la Cgil a indire, assieme alla Uil (ma senza la Cisl), lo sciopero generale del 16 dicembre. L’intervento del Garante è una pietra d’inciampo, ma non muta la rotta: «Si va avanti tenendo conto delle osservazioni», dice.
Il segretario del sindacato di Corso Italia non teme che la protesta inneschi il rischio di nuova instabilità nel Paese: «Al contrario, la stabilità si costruisce innanzitutto ricostruendo quell’unità sociale che si era incrinata già prima della pandemia, che il Covid ha frantumato e che ora anche l’Europa mi pare che stia riscoprendo. Per questo è importante che la politica ascolti questo malessere, andando oltre una manovra sorda invece a tale grido, e che riconosca il molo di tutte le parti sociali in questa ricostruzione».

Landini, i termini più usati per definire lo sciopero sono «insensato» e «incomprensibile».
Noi stiamo solo rivendicando coerentemente che il governo vada nella direzione della piattaforma unitaria che assieme a Cisl e Uil abbiamo presentato per una riforma fiscale e delle pensioni, una politica industriale e per il superamento della precarietà. Scioperiamo perché ci siamo trovati di fronte non a una possibilità di trattativa, ma a decisioni già prese, senza margini. Non è sequestrando e togliendo le questioni sociali dal tavolo che le si affrontano.

Ora è spuntato un miliardo in più contro il caro-bollette.
È un fatto positivo, ma non cambia la sostanza delle questioni poste. Si sciopera per ottenere risultati.

Sinceramente, visti i tempi stretti, quali pensa di ottenere entro il 16?
Se c’è la volontà politica, tutto si può fare. Voglio far notare che è questa maggioranza ad aver presentato 6mila emendamenti alla manovra. Noi stiamo proponendo istanze molto più ridotte come numero, ma sostanziali.

Chi è che non ascolta questo malessere? Il premier Draghi? I partiti?
Draghi è persona autorevole. Il giorno dopo l’ultimo nostro incontro ha tentato una piccola modifica sui redditi più alti, non proposta da noi, e questo prova che aveva capito il malessere. Il fatto che la sua maggioranza non l’abbia accolta dà invece l’idea della distanza che c’è fra l’attuale quadro politico e la condizione sociale reale del Paese. È un segnale molto grave, da non sottovalutare. È, in fondo, lo stesso malessere che porta più del 50% ad astenersi alle urne. La politica deve assumere il vincolo di dare rappresentanza anche a queste fasce di popolazione.

Sul fisco dov’è l`errore di fondo?
È che con gli 8 miliardi a disposizione si è voluta impostare una riforma che andava demandata invece alla legge delega. Assieme a Cisl e Uil avevamo chiesto una cosa precisa: che gli 8 miliardi andassero per intero a rafforzare i salari e le pensioni a partire dalle più basse, con maggiori detrazioni e decontribuzioni, perché 1`85% circa di lavoratori e pensionati sta sotto i 35mila euro. E che si procedesse non certo verso una riduzione delle aliquote, ma a un allargamento della base imponibile. Non è questa la riforma di cui il Paese ha bisogno.

Rivendica più attenzione ai redditi fino a 28-30mila euro. Però sono anche anni che si parla della questione del ceto medio tartassato. Il sindacato non tutela forse anche questi lavoratori?
Certo, noi li vogliamo tutelare tutti. Ma appunto serve una riforma che richiede ben più di 8 miliardi e deve avere altre caratteristiche. A partire da uno sgravio sui contributi strutturale, di misure una tantum ne abbiamo viste anche troppe. Questo primo intervento doveva allora essere altro. Per lenire l`altra emergenza nazionale: accanto ai vaccini, c’è la pandemia salariale e sociale da curare. Non è accettabile che la ripresa del 2021 cammini su oltre l`80% di nuovi contratti che sono a termine, di lavoro somministrato, a chiamata, ecc. La ripresa non è reale se la prospettiva delle persone è a termine.

Sono gli altri interventi che chiedete?
Sì, chiedevamo e chiediamo un’unica forma contrattuale per l’accesso al lavoro, basata sulla formazione e sulla stabilità. Come chiediamo un fondo unico per gestire le riconversioni industriali, un intervento legislativo che contrasti le delocalizzazioni. Tutti temi di cui si dibatte da troppi mesi. È ora di cambiare passo.

È sempre difficile trovare un punto d’equilibrio.
Ma è forse un segnale di equilibrio aver tolto ora un miliardo di Irap, che va a finanziare quella sanità che, con il Covid, va potenziata al massimo, ancor più dei maggiori fondi alla Salute già previsti? Le imprese vanno certo aiutate, ma va pure ricordato che, dal 2015 al `21, hanno già avuto aiuti per 185 miliardi di euro, inclusi i sostegni Covid, fra l’altro quasi tutti dati in modo non selettivo, anche alle multinazionali che in diversi casi stanno delocalizzando e licenziando.

Attende segnali dal governo entro il 16?
Vorrei ricordare che la decisione di scioperare l’abbiamo presa solo quando il governo ci ha comunicato che il confronto si era esaurito.

Perché un lavoratore dovrebbe scioperare in questa fase emergenziale?
Perché proprio col confronto nei luoghi di lavoro ci siamo convinti che va presa una direzione diversa. Qui abbiamo una riforma fiscale partita male, una riforma del lavoro mai avviata e una della previdenza, con la pensione di garanzia sempre più necessaria per i giovani, di cui si sono perse le tracce.

E perché dovrebbe scioperare uno che da questo intervento ricava 4-500 euro l’anno di minore Irpef?
Per avere cifre simili bisogna raggiungere almeno i 40mila euro annui di reddito e invece 1’85% di lavoratori e pensionati italiani guadagna dimeno, purtroppo. In ogni caso lo sciopero è sempre uno strumento di solidarietà per ottenere insieme migliori condizioni di vita e di lavoro per tutti. Chi oggi riceve un beneficio ha bisogno comunque di un sistema di giustizia sociale che garantisca a tutti nel tempo l’equità necessaria. Anche attraverso la lotta all’evasione fiscale, oggi quasi un oggetto dimenticato, e una revisione della tassazione delle rendite finanziarie. Si sciopera per superare la precarietà, per un lavoro stabile e sicuro, per riformare le pensioni, per dare un futuro ai giovani, alle donne e al Mezzogiorno e per rafforzare sanità e scuola pubblica.

E alla Cisl cosa manda a dire?
Vedo che ora manifestano il 18, segno che anche per loro è necessario portare a casa maggiori risultati. Le iniziative non si esauriscono con la legge di Bilancio. Le nostre piattaforme unitarie restano lì, noi quelle richieste portiamo avanti.

* da Avvenire ed 10.12.2021

Pulsante per tornare all'inizio