Landini: green pass in mensa? non basta una faq

Segretario Maurizio Landini, da leader della Cgil, cosa risponde a chi accusa il sindacato di proteggere i No vax?
«Rispondo che vaccinarsi contro il Covid è anche un dovere sociale. Noi non siamo mai stati No vax. Noi siamo per la sospensione dei brevetti affinché tutti nel mondo si possano gratuitamente vaccinare, solo così si possono sconfiggere le varianti e quindi il virus. È responsabilità del governo e del Parlamento di rendere per legge obbligatoria la vaccinazione. Se lo fanno, noi siamo d’accordo. Non è il momento delle divisioni e delle strumentalizzazioni».

È il momento di rendere obbligatorio il vaccino anti Covid?
«La nostra Costituzione prevede che l’obbligo di un trattamento sanitario può essere assunto solo con una norma di legge. Credo sia venuto il momento di aprire seriamente questa discussione nel nostro Paese e in Europa. Spetta a governo e Parlamento legiferare. Noi siamo stati i primi a realizzare i protocolli per la sicurezza nei luoghi di lavoro e a prevedere le vaccinazioni in azienda».

In attesa di una eventuale legge, ora per i lavoratori è obbligatorio il green pass solo per mangiare nelle mense aziendali. È sufficiente?
«In una situazione di emergenza pandemica, parlare solo di green pass è riduttivo, serve una strategia complessiva e la conferma di tutte le misure di prevenzione a partire dai dispositivi individuali e dal distanziamento. Il green pass non può diventare uno strumento che divide e discrimina. Non si capisce, ad esempio, perché le lavoratrici e i lavoratori possano lavorare 8 ore insieme e poi consumare il pasto separati. Le mense aziendali non sono un ristorante. I lavoratori sono già tracciati e da un anno e mezzo le mense sono organizzate secondo i protocolli di sicurezza: mascherine obbligatorie, separatori di plexiglass e turni».

Non basta la «faq» del governo pubblicata sul sito di Palazzo Chigi?
«Non sono temi che si risolvono con una “faq”. Abbiamo chiesto con Cisl e Uil un incontro ai ministri della Salute e del Lavoro Roberto Speranza e Andrea Orlando con l’obiettivo di mantenere il diritto del servizio mensa per tutti i dipendenti».

In Italia ci sono ancora 2 milioni di non vaccinati nella fascia 50-59 anni e quasi altrettanti negli over 60. Come convincerli?
«Serve una campagna di informazione straordinaria e mirata. Per questo, per il mese di settembre, noi proponiamo a tutte le associazioni di impresa di mettere a disposizione due ore aggiuntive di assemblee retribuite in tutte le aziende per fornire un’informazione adeguata sulla vaccinazione e sulla sicurezza dei luoghi di lavoro. È il momento di coinvolgere le lavoratrici e i lavoratori, il consenso non si acquisisce sanzionandoli o punendoli ma rendendoli partecipi di un progetto comune che metta al centro la salute e la sicurezza e la qualità del lavoro»

È favorevole ai tamponi gratuiti per i lavoratori?
«I tamponi sono strumenti di protezione così come le mascherine e la sanificazione. Non si può quindi pagare per lavorare. Per tutelare la sicurezza nei posti di lavoro, questi sono costi già a carico dei datori di lavoro, come del resto è successo in tutte le aziende in applicazione dei protocolli di sicurezza anti-Covid. Al governo noi chiediamo i tamponi gratuiti per chi lavora e usa i trasporti pubblici e per gli studenti proprio per raggiungere l’obiettivo della più ampia vaccinazione e rafforzare tutte le misure di prevenzione».

Ma così non si rischia di favorire i No vax?
«È il provvedimento di legge del governo sui green pass che non obbliga la vaccinazione e invece la mette sullo stesso piano del tampone negativo. Io difendo il diritto al lavoro e alla salute di tutte le persone. I No vax si favoriscono senza chiarezza e senza adeguate informazioni».

Dopo la pausa estiva si porrà il tema dei licenziamenti: a fine ottobre scade il secondo blocco. È preoccupato?
«Il blocco riguarda i settori del terziario, del turismo e del commercio: parliamo di centinaia di migliaia di lavoratori — soprattutto donne e giovani — che rischiano di rimanere senza lavoro. La riforma degli ammortizzatori sociali non è ancora pronta, lo sarà nel 2022. Ecco perché crediamo che il blocco debba essere prolungato almeno fino a fine anno. È il momento di tenere unito questo Paese e la ripresa economica deve difendere e creare lavoro. Per questo bisogna discutere di investimenti e riforme».

Quali?
«La riforma degli ammortizzatori sociali deve essere universale e mutualistica. Le politiche attive del lavoro devono fondarsi su un sistema di formazione permanente per tutti. Bisogna fermare la strage delle morti e degli infortuni sul lavoro. È il momento di superare la precarietà del lavoro e di definire un nuovo statuto dei diritti di tutte le persone che lavorano. Serve una legge sulla rappresentanza che dia validità generale ai contratti nazionali dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative e cancellando così i contratti pirata. Serve una nuova politica industriale affinché gli investimenti pubblici e privati creino un nuovo modello di produzione ambientalmente e socialmente sostenibile».

Secondo lei, la politica è in ritardo?
«La politica deve reinvestire nel lavoro. L’obiettivo deve essere la piena e buona occupazione. Il lavoro stabile e di qualità, a partire dai giovani e dalle donne, deve essere un assillo».
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Di Claudia Voltattorni da Corriere della Sera (18.08.2021)

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