Landini, “Draghi rinvia tutto, così è scontro” “La manovra va cambiata e migliorata”

«Il governo non può convocarci 48 ore prima del Cdm e dirci che cosa ha deciso senza discutere» Tutti e 8 i miliardi dei tagli fiscali della Manovra vanno destinati ai dipendenti e ai pensionati Bisogna istituire una previdenza di garanzia per i giovani precari e con vuoti contributivi»

La manovra economica va «cambiata e migliorata». Maurizio Landini assicura di essere «il primo ad augurarsi che lo sciopero generale non sia necessario», ma non può escludere che si arrivi fino a lì, «se dal governo non arriveranno risposte e il mondo del lavoro non sarà ascoltato». Per il segretario generale della Cgil è decisiva la scelta sul come usare gli 8 miliardi stanziati per tagliare le tasse, «di cui devono beneficiare lavoratori dipendenti e pensionati» el a disponibilità ad accogliere le proposte dei sindacati sulla riforma del sistema previdenziale, «a cominciare da una pensione di garanzia per i giovani».
Intervistato dal direttore de La Stampa, Massimo Giannini, per la trasmissione “30 minuti al Massimo” (versione integrale su lastampa.it), Landini critica la tattica del rinvio adottata spesso dal premier Draghi: «Cercare solo la mediazione, per tenere insieme un quadro politico complicato, porta a rinviare le questioni e non prendere decisioni che servono al Paese».

Voi sindacati siete gli unici o quasi a criticare la manovra, che Draghi ha definito “da applausi”
«A parte che un testo definitivo ancora non c’è e non è stato inviato al Parlamento, va riconosciuto un importante investimento sulla sanità e lo stanziamento di risorse per i necessari rinnovi dei contratti nel pubblico impiego. Poi l’avvio della riforma degli ammortizzatori sociali, che può essere migliorata, ma per la prima volta prevede un sistema universale per tutti i lavoratori».

Quindi, come si fa a scioperare di fronte a questi provvedimenti?
«Attenzione, ho citato tre cose che vanno bene, ma ce ne sono altre che non vanno. Prima di tutto il fisco: come vengono spesi gli 8 miliardi previsti per ridurre le tasse, che non devono essere dispersi in mille rivali. Noi pensiamo che vadano usati tutti per aumentare il netto in busta paga per lavoratori dipendenti e pensionati. Si può ragionare sulle forme, ma è lì che bisogna mandare un segnale, al mondo del lavoro, altro che taglio dell’Irap. Dal 2015 al 2021, sommando tutti gli incentivi dati al sistema delle imprese, si arriva a un totale di 170 miliardi, mentre al lavoro è andato molto meno».

Che risposta avete avuto dal governo?
«Non abbiamo ancora avuto risposta. Per noi questo del fisco è un punto decisivo, come il tema della precarietà del lavoro: la metà dei nuovi occupati in Italia quest’anno ha contratti a termine con durata limitata, altri hanno un lavoro somministrato, altri sono a chiamata. Non si può andare avanti così, bisogna cambiare leggi sbagliate e cancellare forme assurde di assunzione».

Fronte pensioni: si è deciso di lasciare quota 102 per un anno, che ne pensa?
«Penso che quota 102 sia un’opportunità per 8mila persone, di questo stiamo parlando. E che se tornare alla normalità vuol dire tornare alla legge Fornero non va bene. Su 30 miliardi che compongono la manovra, per le pensioni ci sono solo 600 milioni, con cui non si fa nessuna riforma. Il nostro sistema pensionistico non sta in piedi e si basa su presupposti sbagliati, alla lunga regge solo se si crea lavoro stabile. Per noi al primo punto c’è l’istituzione di una pensione di garanzia per i giovani, che hanno un lavoro precario e frequenti vuoti contributivi: così non avranno mai una pensione degna di questo nome».

Reddito di cittadinanza? Giusto rifinanziarlo?
«Si, è giusto e lo dicono i numeri, non possiamo far finta che la povertà non esista, anzi è aumentata durante la pandemia. Poi, se ci sono i furbi, noi siamo per colpirli. Comunque, per migliorare lo strumento, c’è il tema degli indicatori per le famiglie numerose, che non devono essere penalizzate. E il criterio per cui devi avere 10 anni di residenza per ottenere il reddito è sbagliato».

Dunque, finora da Draghi nessun riscontro. Ha anche lasciato in anticipo la riunione con voi, pare per un impegno, ma c’è chi ha detto che era irritato dalle vostre prese di posizione…
«Io sono ottimista e fiducioso, se ha detto che aveva un impegno gli credo. Poi noi abbiamo continuato il confronto con gli altri ministri, abbiamo presentato le nostre proposte e su quelle ci aspettiamo risposte. A Draghi contestiamo il metodo e glielo abbiamo detto: non puoi convocare i sindacati due giorni prima del Cdm per dire cosa hai deciso, senza dare spazi di discussione».

Il metodo più del merito, perché è difficile protestare contro una manovra che non mette le mani nelle tasche degli italiani, no?
«Non è così, non è vero che non colpisce nessuno, perché il modo in cui distribuisci le risorse non è indifferente, visto che le disuguaglianze sono aumentate. Oggi è il momento di dare un riconoscimento a chi si è fatto il mazzo lavorando e tirandoci fuori dalla pandemia. Ci batteremo per ottenere questo».

Siete pronti allo sciopero generale?
«Con Cisl e Uil abbiamo deciso di avviare un percorso di mobilitazione, in alcune regioni si stanno organizzando manifestazioni di piazza per fine mese, dalla prossima settimana ci saranno assemblee nei luoghi di lavoro, per un confronto sul territorio».

Siete sicuri che i lavoratori siano con voi?
«Penso di sì, le assemblee serviranno per ascoltare e recuperare un dialogo con i lavoratori, rimetterci in sintonia con le persone che rappresentiamo. Devono sentire che il sindacato non è lontano dai loro problemi. Poi decideremo insieme cosa fare».

Vi siete dati una scadenza? «Nel mese di novembre valuteremo se si aprirà un confronto e se ci saranno risposte adeguate. Poi non escludiamo tutte le iniziative necessarie per ottenere risultati. Mi auguro che non sia necessario arrivare a uno sciopero generale, sono il primo a sapere che bisogna cercare soluzioni condivise. Ma quello è uno strumento previsto dalla costituzione, da mettere in campo se è l’unico che può farci raggiungere obiettivi concreti».

Al momento opportuno l`unità dei sindacati reggerà?
«Guardi, abbiamo piattaforme unitarie su vari temi, dal fisco alle pensioni. Abbiamo attivato un percorso comune e faremo insieme una verifica con i lavoratori. Visto che le forze politiche sono tutte d’accordo, cercheremo di far cambiare idea a qualcuno, anche in Parlamento. Ma è fondamentale che il governo discuta con chi rappresenta milioni di lavoratori, pensionati e giovani».

In una lettera a La Stampa, Elsa Fornero l’ha invitata a pensare di più ai giovani…
«Faccio notare che nella nostra piattaforma sulle pensioni i giovani sono al primo posto. La professoressa Fornero non doveva scrivere a me, ma a Draghi. Chi non pensa ai giovani è questo governo, che non vuole mettere mano al sistema pensionistico e alla precarietà. E il momento di coinvolgere il mondo del lavoro e di fare delle scelte, non di cercare solo una mediazione per tenere insieme il quadro politico. Facendo così, Draghi rinvia questioni importanti e non prende decisioni che ser-vono al Paese».

Questa pax draghiana sta mettendo la sordina sul disagio sociale che cresce nel Paese?
«C’è questo pericolo e, non facendo le scelte necessarie, il disagio sociale sta aumentando. Qualcuno ha pensato di strumentalizzarlo, attaccando una sede sindacale e, con essa, la nostra democrazia. Ma il messaggio che voglio mandare è che noi non siamo a dire sempre di no, abbiamo proposte su tutto. Se rimane così, però, questa manovra è insufficiente».

Che ne è stato del “patto per l’Ialia” lanciato dal presidente di Confindustria Bonomi?
«Non siamo nel 1993, all’epoca di Ciampi, e mi pare che nemmeno il governo abbia preso sul serio quella proposta. Ci sono elementi di diversità chela rendono complicata. Ad esempio, Confindustria sul fisco vorrebbe tagliare l’Irap, sulle pensioni non chiede cambiamenti».

Come sindacato siete preoccupati perla stabilità politica legata alla partita del Quirinale? Meglio che Draghi resti a palazzo Chigi per continuare il lavoro sul Pnrr?
«Sono valutazioni che non ci competono, spettano a Draghi e alle forze politiche. Vedremo cosa deciderà il Parlamento sul futuro di questa legislatura. E comunque, prima di capire cosa succede a gennaio, mi interessa vedere cosa succede sulla manovra a dicembre».

di Niccolò Carratelli da IL SECOLO XIX ed 06.11.2021

Pulsante per tornare all'inizio