Landini (Cgil) a Fanpage.it: “La pandemia è l’occasione per cambiare tutto ciò che era sbagliato”

Creare posti di lavoro è il tema centrale, così come il blocco dei licenziamenti. E poi le donne, i giovani, il Mezzogiorno. Maurizio Landini, intervistato da Fanpage.it, spiega cosa pensa del neonato governo Draghi, della squadra dei ministri che ha scelto l’ex presidente della Bce e dei rischi che comporta una maggioranza così ampia. Il Recovery fund è un’occasione unica secondo il segretario nazionale della Cgil, ma bisogna spendere i soldi dell’Europa con criterio e con degli obiettivi ben precisi. E ancora migliorare il reddito di cittadinanza con delle politiche attive valide e promuovere una riforma fiscale che sia progressiva come vuole la Costituzione. L’attenzione che Landini chiede è per i precari, giovani e donne, e per gli ultimi. Il segretario della Cgil ha risposto alle nostre domande.

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Il blocco dei licenziamenti è stata la chiave per salvare centinaia di migliaia di posti di lavoro nell’ultimo anno: perché bisogna prorogarlo fino a fine pandemia come chiedete voi e non eliminarlo subito come chiede Confindustria? E soprattutto a chi darà retta Draghi?
Bisogna prolungarlo per un tempo congruo, perché purtroppo la pandemia e l’emergenza non sono ancora concluse. Siamo pronti a discutere, ma senza il blocco dei licenziamenti corriamo il rischio di trovarci di fronte a dati molto pesanti: secondo la Banca d’Italia quello strumento ha salvato dagli 800mila al milione di posti di lavoro. Poi pensiamo che sia il momento di fare finalmente la riforma degli ammortizzatori sociali, i due strumenti devono essere accompagnati: accanto al blocco dei licenziamenti serve ad esempio incentivare l’uso dei contratti di solidarietà, anche sul piano fiscale e contributivo, sia per i lavoratori che per le imprese, che vuol dire redistribuire l’orario senza bisogno di licenziare, oppure incentivare i contratti di espansione, cioè accompagnare quelli che sono vicini alla pensione all’uscita per essere sostituiti da giovani. Bisogna andare verso una riforma universale degli ammortizzatori sociali, in modo che tutte le forme di lavoro e tutti i settori abbiano le stesse tutele e gli stessi diritti.

Temete un cambio di atteggiamento da parte del nuovo governo rispetto al Conte due in chiave liberista o comunque più attenta al sistema produttivo che ai lavoratori? Chi sta pagando e pagherà il prezzo della crisi economica causata dal Covid?
Draghi prima di andare in Parlamento ha fatto una cosa che non era mai stata fatta da nessuno, cioè ha ascoltato le parti sociali. Io mi auguro che ci sia un coinvolgimento e un confronto preventivo su tutte le scelte che devono essere fatte. Noi giudicheremo il governo naturalmente per quello che farà, ma io penso che sia suo interesse coinvolgere le parti sociali e il mondo del lavoro, perché proprio il mondo del lavoro è stato quello più colpito, i giovani, le donne, i migranti, i lavori più precari. Questa pandemia ha fatto emergere chiaramente le disuguaglianze e gli errori che c’erano prima dell’emergenza, quindi non possiamo tornare semplicemente a prima della pandemia, ma dobbiamo cambiare tutto ciò che c’è di sbagliato.

Siete soddisfatti della squadra dei ministri del governo Draghi? La presenza di ministri tecnici in ministeri chiave vi spaventa? Che ne pensa di Giorgetti al Mise?
Noi abbiamo sempre fatto i conti con i governi che il Parlamento vota e con i ministri che ci sono, e fino a prova contraria noi misureremo e giudicheremo i ministri per quello che fanno, non per quello che hanno fatto prima di andare al governo. Vista la situazione politica, noi facciamo riferimento al programma che Draghi ha presentato in Parlamento e su cui ha ottenuto la fiducia: poi giudicheremo i ministri per quello che concretamente faranno. Noi non cambiamo idea, le nostre proposte sono quelle che abbiamo presentato al Conte uno, poi quelle che abbiamo presentato al Conte due, e sono le stesse che presenteremo anche a questo governo.

Il reddito di cittadinanza rischia lo smantellamento con il governo Draghi?
Noi saremmo contrari allo smantellamento, perché l’abbiamo sempre detto: la povertà esiste, è aumentata, e tra l’altro ne ha parlato anche il professor Draghi nel suo intervento. Uno strumento come il reddito di cittadinanza va mantenuto. Poi lo si può migliorare, si può andare a vedere davvero come ha funzionato. Il limite vero, che va cambiato, sono le politiche attive del lavoro legate al reddito di cittadinanza. Non hanno funzionato e non potevano funzionare, perché il lavoro lo crei se fai gli investimenti, non è che semplicemente i centri per l’impiego creano lavoro. Se si prendono ad esempio Francia e Germania, si vede che lì centinaia di migliaia di persone lavorano in luoghi pubblici che governano questi processi, da noi non è così.

Il Recovery fund è un’occasione economica senza precedenti, con delle regole ben precise da seguire per spendere i soldi. Quali sono le priorità in cui investire?
Tre questioni dovrebbero attraversare tutti i progetti del Recovery plan: il tema per me è creare lavoro e in questo caso ogni progetto deve rispondere di quanto lavoro crea per i giovani, per le donne e nel Mezzogiorno, che sono i tre punti di grandissima sofferenza oggi. Ci sono delle scelte molto precise da fare quando si dice che c’è un problema climatico e che bisogna estendere la tecnologia digitale come diritto. Realizzare i progetti e gli obiettivi che ci dà l’Europa vuol dire superare il fossile: questo significa fare delle scelte di investimento sulle energie rinnovabili. Serve un sistema, serve una politica industriale, serve l’università, serve la formazione delle persone, serve un coinvolgimento delle Regioni e dei Comuni, c’è bisogno di fare sistema. Bisogna investire nella sanità pubblica non solo per fare ospedali, perché il vero problema, che è emerso durante la pandemia, è che in questi anni i tagli hanno distrutto la sanità sul territorio. Se si parla di riforma della pubblica amministrazione è il momento di fare assunzioni, superare la precarietà, introdurre competenze nuove e fare entrare giovani. Noi vogliamo dare il nostro contributo.

C’è il tema della riforma fiscale, che ci chiede l’Europa. Con la Lega al governo si va verso una flat tax?
Draghi in Parlamento non ha parlato di flat tax: ha parlato di lotta all’evasione fiscale, di un sistema che sia progressivo e di ridurre l’Irpef, che tradotto in italiano vuol dire meno tasse sui lavoratori dipendenti e sui pensionati. La flat tax non c’entra nulla con questo impianto. Noi siamo stati contrari alla flat tax e lo saremo ancora, perché il fisco deve essere progressivo e, come dice la nostra Costituzione, ognuno deve contribuire per la propria capacità contributiva. Questo è il punto di fondo. Accanto ai 300 miliardi di investimento complessivi che nei prossimi sei anni l’Europa mette a disposizione del nostro Paese, bisogna che riparatano anche gli investimenti privati per rilanciare l’Italia. C’è il problema del turismo, della cultura, dello spettacolo. È il momento di fare sistema e di usare questa occasione irripetibile per ripensare davvero il nostro Paese in modo giusto ed equo. Non ho sentito Draghi parlare di flat tax e i partiti che compongono il governo hanno dato al fiducia sul programma presentato in Parlamento, quindi troverei davvero contraddittorio che qualcuno continuasse a parlarne. Poi se lo vuol fare per prendere qualche voto e per campagna elettorale faccia pure, ma oggi non è il momento.

La questione femminile dovrà essere al centro delle politiche di questo governo, che però ha iniziato con il piede sbagliato. Cosa bisogna fare per raggiungere la parità di genere nel mondo del lavoro al di là delle “farisaiche quote rosa”, considerando anche il prezzo pagato dalle donne a livello lavorativo durante l’ultimo anno?
Qui emerge un tema di fondo, anche culturale. Penso a tutti gli episodi di violenza contro le donne, e la violenza contro le donne la fanno gli uomini, c’è poco da girarci attorno. C’è un problema culturale di come si deve far crescere questo Paese, insegnandogli che la differenza di genere è un valore non una cosa di cui aver paura, e che riconoscendo le differenze sei in grado di costruire integrazione e di crescere. Non è solo un problema di far competere uomini e donne meglio, il punto riconoscere che ci sono delle differenze di genere che in quanto tali vanno valorizzate e rispettate. Bisogna organizzare la vita, i tempi, su questo principio. I dati sono sotto gli occhi di tutti: le donne sono quelle che hanno pagato il prezzo più alto. I famosi 450 mila posti di lavoro che sono stati persi tra contratti termine e tutto il resto, più del 90% erano occupati da donne. Poi c’è una diversità anche sul piano delle retribuzioni, dei diritti, dei percorsi di carriere. Le parole del professor Draghi sono state importanti, ma non sufficienti. È il momento di un nuovo statuto dei diritti dei lavoratori in modo che tutte le persone che lavorano, uomini e donne, a tempo indeterminato o autonomi, abbiano gli tessi diritti e le stesse tutele. Questo sarebbe il modo giusto per garantire un futuro fondato davvero sui diritti e non sullo sfruttamento.

A pagare il prezzo della crisi economica sono stati, oltre alle donne, soprattutto i giovani. Se tanti contratti a tempo indeterminato hanno resistito grazie al blocco, tutti i determinati, collaboratori, stagionali, sono saltati. E si tratta soprattutto di giovani. Da dove si deve cominciare per dare un futuro lavorativo stabile alle nuove generazioni?
Bisogna creare posti di lavoro, altrimenti i giovani un futuro non ce l’hanno. Questo significa investire sulla loro intelligenza e sviluppare i settori in un’ottica molto più integrata. Dobbiamo capire che i trasporti, il turismo, la cultura, la valorizzazione del territorio, non sono cose divise tra loro. Dobbiamo costruire un sistema che sia in grado di mettere assieme queste cose, e oggi la vitalità, l’intelligenza e le competenze che i giovani hanno sono decisive. Come prima cosa c’è bisogno di cancellare tutta una serie di forme di lavoro precario che non sono più giustificabili e sono assurde, perché i giovani hanno pagato in questi anni proprio questa logica. Il lavoro è tornato una merce che può essere comprata e venduta al migliore offerente, questa logica va cambiata. Non si può essere poveri lavorando, lavorare ti deve dare la dignità di poter vivere. Allora qui c’è da cambiare delle leggi sbagliate che sono state fatte in Italia e in Europa in questi anni. Questo tema della precarietà del lavoro non l’ho sentito nella relazione del professor Draghi. Nei giovani vedo una grande voglia di potersi realizzare nel lavoro, la vera lotta alla precarietà sta nel mettere in condizione le persone di essere libere nel lavoro che fanno, nel senso di potersi realizzare e di poter partecipare alle scelte.

Dopo le consultazioni con il presidente Draghi lei ha indicato lo Ius soli e lo Ius culturae come una priorità, perché?
Perché se il tema è l’integrazione, se il tema è la coesione sociale, se il tema è l’unità del Paese come tutti dicono, io non capisco perché ragazzi che sono nati qui, che hanno studiato qui, e vuol dire che hanno genitori che lavorano qui, che pagano le tasse qui, che pagano i contributi qui, non dovrebbero avere gli stessi diritti e le stesse tutele di tutti gli altri. Questa è la condizione per costruire un’integrazione per smetterla di avere paura, o di creare e alimentare paura verso un bersaglio sbagliato. Anche perché la migrazione sarà sempre più frequente e noi rimarremo comunque un Paese al centro del Mediterraneo e dell’Europa. Le politiche basate sulla paura che sono state fatte in questi anni non solo non risolvono il problema, ma fanno arretrare anche il nostro Paese.

 

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