La giungla delle offerte di lavoro: il focus di Collettiva con Sol Cgil Toscana

Annunci poco trasparenti e sempre più spesso anonimi nascondono truffe, sotto inquadramenti, nero, addirittura molestie, fino ad arrivare a casi di caporalato sul web. Disoccupati e giovani alla ricerca di un impiego devono districarsi in un mercato dove l’illegalità è praticamente permessa. Sol Cgil Toscana: “Il sindacato assiste la persona e monitora il fenomeno”

Articolo di Patrizia Pallara per collettiva.it

Un posto da magazziniere che si rivela essere una vendita porta a porta con spese a carico del lavoratore. Periodi di prova gratuiti della durata di una settimana che diventano di due mesi o più. Offerte che hanno l’unico scopo di ottenere documenti e codice fiscale dei malcapitati per furto di identità e di dati, al fine di accendere prestiti, acquistare auto, comprare su siti di e-commerce. E ancora: catene di Sant’Antonio, colloqui truffa con richieste di denaro, prestazioni da casa fasulle. Fino a casi di vero e proprio caporalato con reclutamento sul web, con dieci euro di compenso per un’intera giornata.
È questo il mercato del lavoro in Italia, una vera e propria giungla nella quale disoccupati e giovani alla ricerca della prima occupazione si trovano a fare i conti con annunci illegali, truffaldini, irregolari. “Una zona grigia dove tutto è possibile, nero, offerte discriminatorie, sotto inquadramenti e financo molestie – spiega Margherita Bernardi, referente regionale del Sol Cgil Toscana -. I fenomeni che tutti conosciamo e che le nostre categorie affrontano quotidianamente nascono da un mercato dove l’illegalità è praticamente permessa. Gran parte del problema nasce da una prassi che è diventata generalizzata, cioè quella di pubblicare offerte anonime, in barba alle norme”.
La legge italiana vieta infatti le comunicazioni relative ad attività di ricerca e selezione del personale, ricollocamento professionale, intermediazione o somministrazione effettuate a mezzo stampa, internet, televisione o altri mezzi di informazione che siano anonime o che siano effettuate da parte di soggetti, pubblici o privati, non autorizzati o non accreditati. Questo a garanzia della trasparenza del mercato e della protezione dei dati personali. “Le fattispecie sono le più diverse – aggiunge Bernardi -: ci sono attività di reclutamento che hanno una rilevanza penale, per cui suggeriamo al malcapitato di rivolgersi ai carabinieri o alla polizia postale. Mi riferisco a furti di identità, molestie, tentate truffe. Poi ci sono i casi che hanno una valenza sindacale, contratti firmati che non vengono rispettati, inquadramenti che non corrispondono a quanto promesso, per i quali interveniamo con una vertenza. O ancora attività di intermediazione svolte senza autorizzazione, che vengono segnalate all’ispettorato del lavoro e all’Anpal”.
Quello del mercato del lavoro e degli annunci per il sindacato è un settore di frontiera, dove il disoccupato è in balia di aziende che spesso peccano per trasparenza e correttezza e i consulenti della Cgil smascherano i trucchetti più in voga: annunci come “cercasi stagista esperto” o “apprendista con esperienza” nascondono il tentativo di ingaggiare personale qualificato e pagarlo meno. Poi ci sono i casi più gravi, come quelli di caporalato. Le recenti cronache in Toscana riferiscono di una forma che viaggia sul web e riguarda alcuni settori in particolare, come la ristorazione: annunci di società anonime, quindi senza nessun dato che indichi la partita Iva o informazioni sul committente, che operano per conto di terzi, come se fossero un’agenzia interinale ma senza averne l’autorizzazione.
“Si tratta di offerte che per come sono strutturate si può pensare che siano in conto terzi – conclude Bernardi -. Quando vedi che qualcuno con un unico numero di telefono e senza altri riferimenti cerca molteplici figure, pasticcere, cameriere, aiuto cuoco, lo fa certamente per altre aziende, violando la legge sull’intermediazione. Quello segnalato è un caso regionale, ma secondo noi cose così accadono in tutta Italia. Con un mercato del lavoro di questo tipo, c’è ancora chi ha il coraggio di dire che i giovani non hanno voglia di lavorare”.

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