LA CRISI SI ABBATTE SUI GIOVANI, ‘BAMBOCCIONI’ PER FORZA

Se la cassaintegrazione ha tamponato le gravi conseguenze derivanti dalla perdita del lavoro di un capo-famiglia, e’ proprio la famiglia a correre ai ripari quando un giovane si ritrova disoccupato. Il Rapporto Annuale dell’Istat La situazione del Paese nel 2009 fa un ritratto preciso di chi la crisi l’ha subita e la subisce di piu’: i giovani. La fase ciclica negativa infatti, ha un forte impatto sulla popolazione giovanile, determinando una significativa flessione degli occupati 18-29enni (300 mila in meno rispetto al 2008, il 79 per cento del calo complessivo dell’occupazione). Una parte significativa di questa caduta riguarda il lavoro atipico (-110 mila unita’). Dopo il moderato calo tra il 2004 e il 2008 (dal 49,7 al 47,7 per cento), il tasso di occupazione dei 18-29enni scende in un solo anno al 44 per cento: una caduta tre volte superiore a quella del tasso di occupazione totale. Nessun titolo di studio sembra in grado di proteggere i giovani dall’impatto della crisi. La flessione dell’occupazione per chi ha un titolo non superiore alla licenza media e’ particolarmente critica (-11,4 per cento), ma rimane rilevante anche per i diplomati (-6,9 per cento) e per i laureati (-5,2 per cento).L’affievolirsi delle tensioni sui prezzi nel comparto alimentare e la marcata flessione delle quotazioni del petrolio inducono una fase di decelerazione della dinamica tendenziale dei prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto fino a luglio 2009. Successivamente emerge una tendenza al rialzo, seppure moderata. Per la prima volta dall’inizio degli anni Novanta, nel 2009 diminuisce il reddito disponibile in termini correnti delle famiglie consumatrici (-2,7 per cento). Considerando la sottostante variazione dei prezzi, il potere d’acquisto subisce una riduzione del 2,5 per cento, proseguendo la tendenza avviatasi nel 2008 (-0,9 per cento). La riduzione del reddito disponibile trae origine dalla contrazione del reddito primario, dovuta in modo consistente al decremento dello 0,7 per cento dei redditi da lavoro dipendente, che contribuiscono per oltre il 55 per cento al reddito primario delle famiglie. D’altra parte, crescono in misura significativa le risorse percepite dalle famiglie per cassa integrazione guadagni e assegni di integrazione salariale: oltre 3,5 miliardi di euro in piu’ rispetto al 2008. Le ripercussioni sociali della crisi occupazionale variano in base alla posizione in famiglia di chi ha perso il lavoro. I figli che vivono nella famiglia di origine, spesso impegnati in lavori temporanei e con bassi profili professionali all’inizio della loro carriera lavorativa, rappresentano il gruppo piu’ colpito dal calo dell’occupazione (-332 mila unita’). Il tasso di occupazione dei figli 15-34enni, pari al 36,1 per cento, cala di oltre tre punti percentuali rispetto al 2008; per i genitori, che hanno potuto contare sulla cassa integrazione in misura maggiore, la flessione e’ meno acuta, non arrivando al punto percentuale (dal 65,4 al 64,8 per cento). La minore entita’ dei guadagni dei figli rispetto a quelli dei genitori ha determinato una riduzione del reddito familiare relativamente piu’ contenuta. D’altra parte, la perdita di occupazione dei figli e’ stata piu’ frequente nelle famiglie con almeno due percettori di reddito.60 SU 100 ‘BAMBOCCIONI’ GIOCO FORZA PER MOTIVI ECONOMICI. Non hanno soldi per acquistare una casa o per pagare un affitto, spesso sono precari oppure non hanno proprio un lavoro. I ‘bamboccioni’ italiani oggi ‘gioco forza’ sono costretti a rimanere a vivere con mamma e papa’. Secondo i dati Istat, la quota dei 18-34enni celibi e nubili che vive in famiglia cresce dal 49,0 per cento del 1983 al 60,2 nel 2000, attestandosi poi al 58,6 per cento nel 2009. Tra i 30-34enni quasi il 30 per cento vive ancora in famiglia, una quota triplicata dal 1983. Tra i giovani in questa fascia di eta’, inoltre, quelli che rinviano l’uscita dalla famiglia sono ragazzi in un caso su tre, ragazze in un caso su cinque.La prolungata convivenza dei figli con i genitori oggi dipende soprattutto da problemi economici (40,2 per cento) e dalla necessita’ di proseguire gli studi (34,0 per cento), mentre la permanenza in famiglia e’ indicata come una scelta solo in terza battuta (31,4). Rispetto al 2003 si registra una diminuzione di nove punti del modello di permanenza-scelta, soprattutto nelle zone piu’ ricche del Paese (-16 punti nel Nord-est e -13 nel Nord-ovest), dove questa motivazione era maggiormente segnalata in passato. Tra i motivi economici piu’ segnalati, spiccano le difficolta’ di trovare un’abitazione adeguata (26,5 per cento) e quella di trovare lavoro (21,0 per cento).31% GIOVANI SOTTOINQUADRATO RISPETTO A TITOLO DI STUDIO.Circa 16,5 milioni di occupati (72,4 per cento) nel nostro Paese svolgono una professione adeguata al livello d’istruzione formale, 1,7 milioni (7,4 per cento) ha un lavoro relativamente piu’ qualificato rispetto al titolo di studio conseguito, mentre il restante 20,2 per cento (4,6 milioni di occupati) e’ sottoinquadrato. Rispetto al 2004 il fenomeno del sottoinquadramento interessa oltre un milione di persone in piu’. Sono i dati diffusi oggi dall’Istat relativi al 2009. Quasi la meta’ dei sottoinquadrati sono giovani di 15-34 anni. In termini relativi, l’incidenza dei giovani che svolgono un lavoro non adeguato al proprio livello di istruzione e’ pari al 31,0 per cento (+6,8 punti percentuali rispetto al 2004). La maggiore incidenza di sottoinquadrati si registra nelle forme di lavoro meno tradizionali: il 46,9 per cento degli occupati a termine, il 40,1 per cento di quelli in part time e il 30,5 per cento dei lavoratori con rapporti di collaborazione. L’Italia registra uno dei tassi di partecipazione alla formazione continua degli adulti tra i piu’ bassi in Europa: nel corso del 2005 soltanto il 22,2 per cento dei 25-64enni ha effettuato almeno un’attivita’ di studio eo di formazione, contro una media europea del 36 per cento. La carenza di formazione colpisce soprattutto i disoccupati (16,9 per cento), gli inattivi (11,4 per cento), i 55-64 anni (11,8 per cento) e i possessori di basso titolo di studio (8,2 per cento). Questi ultimi manifestano il maggior desiderio di partecipare ad attivita’ formative (27,2 per cento rispetto al 6,3 delle persone con titolo di studio elevato). Nel periodo 2004-2009 la quota di lavoratori diplomati passa dal 44,5 al 46,6 per cento e quella di laureati dal 14,0 al 17,2 per cento, ma l’incidenza delle professioni qualificate e tecniche rimane sostanzialmente stabile acuendo il divario tra domanda e offerta di lavoro degli occupati con medio-alto titolo di studio. ascaÿ

Pulsante per tornare all'inizio