Istat, nel III trimestre + 202mila disoccupati

Dopo il calo ininterrotto per tredici trimestri consecutivi, particolarmente accentuato nei primi due del 2020, torna a crescere, nel terzo trimestre del 2020, il numero di disoccupati che si attesta a 2 milioni 546 mila unità (+ 202 mila in un anno, +8,6%); l’aumento coinvolge sia gli individui in cerca di prima occupazione sia chi ha precedenti esperienze di lavoro. Sale anche il tasso di disoccupazione, al 10% (+ 0,9 punti), soprattutto per le donne e i giovani di 15-34 anni. Lo ha reso noto l’Istat.
Il numero di persone in cerca di un lavoro da almeno 12 mesi scende a 1 milione 301 mila (-48 mila unità, -3,6%) e la loro incidenza sul totale dei disoccupati cala al 51,1% (-6,5 punti in un anno).
Per il terzo trimestre consecutivo, sebbene a un ritmo decisamente rallentato rispetto al trimestre precedente, cresce il numero di inattivi di 15-64 anni (+265 mila, +2% in un anno) e il corrispondente tasso (+0,8 punti). L’aumento degli inattivi è dovuto a quanti non cercano e non sono subito disponibili a lavorare, mentre le forze di lavoro potenziali calano lievemente.
Nel terzo trimestre 2020, l’aumento dell’inattività è dovuto alla crescita dei motivi di studio (+128 mila, + 3,0%) – in particolare per i giovani – e degli altri motivi (+299 mila, +18,7%), che in circa il 40% dei casi riguarda chi dichiara di essere in attesa di tornare al proprio posto di lavoro e in un ulteriore 40% chi specifica problemi legati all’emergenza sanitaria (“paura del virus”, “periodo difficile causa covid”, “timore del contagio”, ecc.). La crescita di questi motivi non è compensata dal calo di quelli familiari e, soprattutto, di quanti dichiarano di essere in attesa degli esiti di passate azioni di ricerca (-115 mila, -14,6%).
Torna a diminuire anche il numero degli scoraggiati (-37 mila, -2,6% in un anno), dopo la sostanziale stabilità del primo trimestre 2020 e l’aumento del secondo. Dai dati di flusso, aumentano le transizioni dallo scoraggiamento verso la disoccupazione (+2,4 punti, dal 14,8% al 17,1%), soprattutto nel Centro-nord.
Torna a crescere il numero di occupati in termini congiunturali (+56 mila, +0,2%), per effetto di un aumento dei dipendenti più consistente del calo degli indipendenti. Il tasso di occupazione sale al 57,9% (+0,2 punti rispetto al secondo trimestre 2020), con il Mezzogiorno che registra la crescita più marcata (+0,6 punti nei tre mesi). Rispetto al terzo trimestre 2019, il numero di occupati è inferiore di 622 mila unità (-2,6% in un anno).
Dopo l’aumento di luglio e agosto e la sostanziale stabilità di settembre, i dati provvisori di ottobre 2020 – al netto della stagionalità – segnalano un leggero calo dell’occupazione (-13 mila, -0,1% in un mese), a fronte di un tasso di occupazione che rimane stabile al 58%.
Rispetto al terzo trimestre 2019, il numero di occupati è inferiore di 622 mila unità (-2,6% in un anno): diminuiscono soprattutto i dipendenti a termine (-449 mila, -14,1%), continuano a diminuire gli indipendenti (-218 mila, -4,1%), mentre aumentano lievemente i dipendenti a tempo indeterminato.
Il calo interessa sia gli occupati a tempo pieno sia quelli a tempo parziale, tra i quali l’incidenza del part time involontario si attesta al 66,4%.
Nel complesso la crisi ha colpito “duramente i lavoratori contrattualmente più fragili e svantaggiati”: i dipendenti a termine che nell’arco di 12 mesi hanno perso il lavoro sono passati dal 16,9% del terzo trimestre 2019 al 23,3% del terzo 2020, e decisamente più ridotta è stata la transizione verso il lavoro stabile, dal 23,9% al 22,4%. Lo ha reso noto l’Istat che ha diffuso i dati sul mercato del lavoro nel terzo trimestre.
Anche altri segmenti deboli del mercato del lavoro hanno mostrato un peggioramento più marcato: le donne, tra le quali la perdita del lavoro è passata dal 7% al 9,2% (tra gli uomini dal 5,5% si è saliti al 7), i giovani, dall’8,8% al 12,8% (contro una variazione dal 4,3% al 5,3% nelle età centrali e dal 6,8% all’8,0% tra gli anziani) e soprattutto gli stranieri, dal 6,7% al 10,5% (contro una variazione dal 6,1% al 7,6% per gli italiani).

TN da ildiariodellavoro.it

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