Istat: Nel 2020 335mila famiglie in povertà assoluta in più. E’ record da 15 anni Gli occupati i più colpiti

Calo record della spesa per consumi delle famiglie, è ai livelli del 2000. Incremento della povertà più al Nord che al Sud. I più colpiti gli occupati tra i 35 e i 44 anni

La povertà assoluta torna a crescere e tocca il record dal 2005. Le stime preliminari Istat del 2020 indicano valori dell’incidenza di povertà assoluta in crescita sia in termini familiari (da 6,4% del 2019 al 7,7%), con oltre 2 milioni di famiglie, sia in termini di individui (dal 7,7% al 9,4%) che si attestano a 5,6 milioni.
Nell’anno della pandemia si azzerano i miglioramenti registrati nel 2019. Dopo 4 anni consecutivi di aumento, si erano infatti ridotti in misura significativa il numero e la quota di famiglie (e di individui) in povertà assoluta, pur rimanendo su valori molto superiori a quelli precedenti la crisi del 2008.
Secondo le stime preliminari, nel 2020 le famiglie in povertà assoluta sono oltre 2 milioni (il 7,7% del totale, da 6,4% del 2019, +335mila) per un numero complessivo di individui pari a circa 5,6 milioni (9,4% da 7,7%, ossia oltre 1milione in più rispetto all’anno precedente).
Nel 2020 si è registrato un calo record della spesa per consumi delle famiglie. E’ quanto emerge dalle stime preliminari Istat pubblicate oggi in Statistica today . L’aumento della povertà assoluta si inquadra nel contesto di un calo record della spesa per consumi delle famiglie (su cui si basa l’indicatore di povertà). Secondo le stime infatti, nel 2020 la spesa media mensile torna ai livelli del 2000 (2.328 euro; -9,1% rispetto al 2019). Rimangono stabili solo le spese alimentari e quelle per l’abitazione mentre diminuiscono drasticamente quelle per tutti gli altri beni e servizi (-19,2%).
L’incremento della povertà assoluta registrato nel 2020 è maggiore nel Nord del Paese e riguarda 218mila famiglie (7,6% da 5,8% del 2019), per un totale di 720mila individui. Peggiorano anche le altre ripartizioni ma in misura meno consistente. Il Mezzogiorno resta l’area dove la povertà assoluta è più elevata: coinvolge il 9,3% delle famiglie contro il 5,5% del Centro. E’ quanto emerge dalle stime preliminari dell’Istat pubblicate in Statistica today.
In generale l’incidenza di povertà assoluta, spiega l’Istat, cresce soprattutto tra le famiglie con persona di riferimento occupata (7,3% dal 5,5% del 2019). Si tratta di oltre 955mila famiglie in totale, 227mila famiglie in più rispetto al 2019.
Tra queste ultime, oltre la metà ha come persona di riferimento un operaio o assimilato (l’incidenza passa dal 10,2 al 13,3%), oltre un quinto un lavoratore in proprio (dal 5,2% al 7,6%). (ansa.it)
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In maggiore dettaglio

Le difficoltà delle famiglie italiane alle prese con la crisi del lavoro causata dalla pandemia era sotto gli occhi di tutti, adesso ci sono i dati a inquadrare in modo drammatico gli effetti del Covid sull’economia: secondo le stime preliminari dell’Istituto nazionale di statistica nel 2020, le famiglie in povertà assoluta sono oltre 2 milioni, il che significa un milione di persone in più. L’incremento è spaventoso: le famiglie totalmente indigenti sono 335mila in più (+7,7%) rispetto al 2019. E il numero complessivo degli individui che fanno parte di queste famiglie e che perciò ogni giorno hanno problemi a mettere insieme il pranzo con la cena, o a soddisfare bisogni primari sono in totale adesso circa 5,6 milioni, il 9,4% della popolazione italiana. Come detto, in un solo anno 1milione in più.
La povertà assoluta torna così a crescere e raggiunge il valore più elevato dal 2005, da quando, cioè, è disponibile la serie storica per questo indicatore, e nell’anno della pandemia si azzerano i miglioramenti registrati nel 2019 quando, dopo quattro anni consecutivi di aumento, si erano ridotti in misura significativa il numero e la quota di famiglie (e di individui) in povertà assoluta, pur rimanendo su valori molto superiori a quelli precedenti la crisi avviatasi nel 2008, quando l’incidenza della povertà assoluta familiare era inferiore al 4% e quella individuale era intorno al 3%. Si è ridotta tuttavia la distanza media dei consumi delle famiglie povere dalla soglia di povertà, che ha subìto invece una riduzione (dal 20,3% al 18,7%). Secondo l’Istat “tale dinamica segnala come, nel 2020, molte famiglie siano scivolate sotto la soglia di povertà, mantenendo una spesa per consumi prossima ad essa, grazie anche alle misure messe in campo dal Governo a sostegno dei cittadini”.
Al Nord la povertà cresce di più, ma nel Mezzogiorno resta la più alta
L’incremento delle famiglie in povertà assoluta è maggiore nel Nord del Paese (oltre 218mila famiglie in più, per un totale di 720mila individui), dove l’incidenza raggiunge il 7,6% (era il 5,8% nel 2019). Il Mezzogiorno resta però l’area dove la povertà è più diffusa con il 9,3%, contro il 5,5% del Centro. Nel Mezzogiorno, gli individui poveri crescono di quasi 186mila unità; al Centro sono in povertà quasi 53mila famiglie e circa 128mila individui in più rispetto al 2019.
Vivere in una grande città o in un piccolo comune non fa differenza rispetto all’aumento di povertà, infatti rispetto al comune di residenza l’Istat non rileva incrementi particolarmente differenziati: l’incidenza di povertà assoluta passa dal 5,9% al 7,3% nei comuni centro di area metropolitana, dal 6,0% al 7,6% nei comuni periferia di area metropolitana e comuni con più di 50.000 abitanti e dal 6,9% al 7,9% nei restanti piccoli comuni.
Più penalizzate le famiglie numerose
Stabile l’incidenza di povertà nelle famiglie con una sola persona ma, seppure l’incremento dell’indigenza riguardi tutti i nuclei familiari, dove ci sono più componenti l’aumento è più rilevante. Se, infatti, fino a quattro componenti l’incremento si mantiene sotto i due punti percentuali o poco più (per le famiglie di due persone passa dal 4,3% al 5,7%, per quelle con tre dal 6,1% all’8,6%, per quelle con quattro dal 9,6% all’11,3%), per quelle con almeno cinque persone peggiora di oltre quattro punti, passando dal 16,2% al 20,7%.
A veder peggiorare la propria condizione sono le famiglie monogenitore (per le quali l’incidenza passa dall’8,9% all’11,7%), le coppie con un figlio (da 5,3% a 7,2%) e quelle con due (dall’8,8% al 10,6%). La presenza di figli minori espone maggiormente le famiglie alle conseguenze della crisi, con un’incidenza di povertà assoluta che passa dal 9,2% all’11,6%, dopo il miglioramento che si era registrato nel 2019.
L’incidenza di povertà tra gli individui minori di 18 anni sale, infatti, di oltre due punti percentuali (da 11,4% a 13,6%, il valore più alto dal 2005) per un totale di bambini e ragazzi poveri che, nel 2020, raggiunge 1 milione e 346mila, 209mila in più rispetto all’anno precedente. Le stime mostrano un peggioramento anche per gli individui nelle altre classi di età, ad eccezione degli ultra sessantacinquenni per il quali rimane sostanzialmente stabile.
Anche nell’anno della pandemia, la presenza di anziani in famiglia (per lo più titolari di almeno un reddito da pensione che garantisce entrate regolari) riduce il rischio di rientrare fra le famiglie in povertà assoluta. La percentuale di famiglie con almeno un anziano in condizioni di povertà è pari al 5,6% (sostanzialmente stabile rispetto al 2019 in cui era pari al 5,1%); quelle dove gli anziani non sono presenti hanno visto invece peggiorare l’incidenza dal 7,3% al 9,1%.
I più colpiti gli occupati tra i 35 e i 44 anni
La crisi ha colpito in modo particolare le famiglie in cui la persona di riferimento (p.r.) è nella fase centrale dell’esistenza lavorativa. Per quelle con p.r. tra i 35 e i 44 anni e tra i 45 e i 54, l’incidenza di povertà assoluta cresce rispettivamente dall’8,3% al 10,7% e dal 6,9% al 9,9%. Sono infatti le famiglie con p.r. occupata a risentire maggiormente degli effetti della crisi (l’incidenza passa dal 5,5% al 7,3%), mentre per quelle con p.r. in cerca di occupazione la situazione già grave si mantiene stabile (19,7%); sostanzialmente inalterata e a un livello contenuto è l’incidenza per le famiglie con p.r. ritirata dal lavoro (da 4,3% del 2019 a 4,4% nel 2020).
Tutte le famiglie con p.r. occupata vedono peggiorare la propria condizione: per quelle con p.r. dipendente l’incidenza di povertà assoluta passa dal 6,0% al 7,8% (in particolar modo se la p.r. è un operaio o assimilato dal 10,2% al 13,3%), per quelle con p.r. indipendente dal 4,0% al 6,1% (in particolare per i lavoratori in proprio dal 5,2% al 7,6%).
La differenza tra italiani e stranieri
Se la pandemia ha dimostrato che colpisce tutti, ma non tutti in maniera uguale, c’è un ambito in cui non ha fatto grandi differenze, cioè le famiglie in difficoltà: che siano italiane o straniere, hanno visto aumentare i loro problemi. Nel 2020, l’incidenza di povertà assoluta per le famiglie composte solamente da italiani passa dal 4,9% al 6,0%, mentre per le famiglie con stranieri, che conoscono una diffusione del fenomeno molto più rilevante, sale di ben 3,7 punti percentuali, dal 22,0% al 25,7%, tornando ai livelli del 2018. Va tuttavia evidenziato che, tra il 2019 e il 2020, la quota di famiglie con stranieri sul totale delle famiglie povere si riduce, passando da oltre il 30% al 28,7% (erano più del 31% nel 2018). Questo seppur limitato cambiamento strutturale si può imputare al considerevole incremento di famiglie povere composte solamente da italiani che rappresentano circa l’80% delle 335mila famiglie in più che si contano nel nostro Paese nel 2020.
La spesa familiare torna ai livelli del 2000
Nel 2020, la stima preliminare della spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia è stata di 2.328 euro mensili in valori correnti, in calo del 9,1% rispetto ai 2.560 euro del 2019, sostanzialmente in linea con la diminuzione generale del PIL. In questa sfilza di record negativi dovuti alla pandemia, si tratta, anche qui, del calo più accentuato dal 1997 (anno di inizio della serie storica) che riporta il dato medio di spesa esattamente al livello del 2000.
Nel corso del 2020, le spese per consumi hanno seguito un andamento condizionato dalle restrizioni imposte dalle misure di contrasto alla pandemia via via introdotte. Il calo complessivo del 9,1% è infatti determinato dalle variazioni tendenziali, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, pari a -4,7% nel primo trimestre, -17,4% nel secondo, -4,5% nel terzo e -9,5% nel quarto trimestre dell’anno.
I consumi familiari sono calati soprattutto nel Nord Italia (-10,0%), seguito dal Centro (-8,9%) e dal Mezzogiorno (-7,3%). Tuttavia, il Centro – Nord continua a essere la zona con maggiore capacità di spesa, nonostante il calo, poiché si spendono circa 2.500 euro mensili, a fronte dei circa 1.900 del Mezzogiorno. Nel 2020 si è però continuato a spendere per la casa, mentre sono scesi gli altri acquisti: alimentari e bevande analcoliche, abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria sono rimaste sostanzialmente invariate, pari, rispettivamente, a 468 e 893 euro mensili. Diminuzioni drastiche, visto il lockdown, per servizi ricettivi e di ristorazione (-39,0%), ricreazione, spettacoli e cultura (-26,5%), trasporti (-24,6%, abbigliamento e calzature (-23,2%). La spesa per queste categorie nel 2020 vale complessivamente 967 euro al mese, ed è scesa del 19,4% rispetto ai 1.200 euro del 2019.
In particolare, tra le famiglie in povertà assoluta, per le quali le voci destinate al soddisfacimento dei bisogni primari pesano maggiormente, tali categorie rappresentano nel 2020 il 77,1% della spesa totale, a fronte del 56,8% delle famiglie non povere. da repubblica.it

 

 

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