Gomma-Plastica Falcinelli (Filctem), contratto migliore risposta al momento difficile che viviamo

Le migliori risposte ai problemi di lavoratori e imprese si possono trovare solo nel rinnovo dei contratti nazionali. Per Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem-Cgil, è questa la lezione più importante che si deve trarre dall’accordo per il contratto della gomma-plastica. Una lezione che, per il dirigente sindacale, soprattutto Confindustria dovrebbe apprendere, abbandonando la cattiva interpretazione che sta portando avanti del Patto della fabbrica. Per Falcinelli le risorse europee sono un’occasione importante per la svolta green del settore, ma da parte della politica, afferma, c’è poca chiarezza e mancano progetti concreti.

Falcinelli avete raggiunto l’ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto della gomma-plastica. Come giudica questo risultato?

È un risultato importante, che arriva in un momento delicato e cruciale per il mondo del lavoro, e contiene aspetti significativi, che danno risposte di qualità ai bisogni di lavoratori e imprese.

Quali sono, nello specifico, i punti salienti

Nel testo viene potenziato il sistema delle relazioni industriali attraverso il rafforzamento dell’Osservatorio nazionale. Qui sindacati e imprese discutono e analizzano gli scenari futuri del settore e le questioni di politica industriale. Poi, da questi elementi, che costituiscono una base comune per tutte le controparti, si impostano le trattative.

Che peso avrà la formazione nel nuovo contratto?

La formazione è un fattore purtroppo molto spesso sottovalutato, ma che è e sarà sempre più strategico per governare al meglio i rapidi cambiamenti del mercato del lavoro. Per questo abbiamo introdotto la figura del delegato di formazione, che avrà il compito si monitorare i bisogni formativi dei dipendenti.

C’è poi la parte retributiva.

Sul versante economico l’intesa prevede un aumento di 63 euro, calcolato partendo dal salario di riferimento, tenendo conto dell’indice dei prezzi al consumo e delle produttività. Un incremento salariale importante, che riprendere anche le indicazioni contenute nel Patto della fabbrica, che incentiva le prassi virtuose e consolidate nei singoli settori. Abbiamo seguito questa strada per questo rinnovo e altri già conclusi, e vogliamo continuare a percorrerla anche per la ceramica e il tessile dove, purtroppo, la categoria legata a Confindustria è in disaccordo sul modo in cui interpretare il Patto della fabbrica.

Lei crede che il Patto della fabbrica possa essere l’asso nella manica per la ripresa di tutto il mondo del lavoro?

È un documento che, nella sua parte più “politica”, contiene indicazioni importanti sulla rappresentanza e il rapporto dei due livelli di contrattazione. Se queste direttive avessero una corretta applicazione, sicuramente potremmo realizzare un sistema di relazioni industriali più moderno e al passo con i tempi.

Confindustria sembra non essere intenzionata a concretizzare i punti del Patto della fabbrica.

Dalle dichiarazioni sembra di no. Semmai sta percorrendo un’interpretazione errata del testo. L’idea di depotenziare l’importanza e il peso del contratto nazionale, sposando tutto sulla contrattazione aziendale è sbagliata. Prima di tutto il secondo livello è diffuso solo nel 30% delle aziende, inoltre più la dimensione aziendale si riduce, più è difficile pensare che nascano forme di negoziazione decentrate.

Con questo rinnovo quale segnale volete lanciare a Confindustria?

Che il contratto nazionale rimane ancora lo strumento migliore per dare risposte non solo ai lavoratori ma anche alle imprese. In questa fase, che dovrà essere di rilancio dell’economia, le aziende avranno bisogno di maggiore flessibilità, di un’organizzazione del lavoro diversa e di rivedere l’orario. Tutti aspetti che si toccano in fase di rinnovo contrattuale.

Dunque l’idea di una deregolazione al contratto nazionale, per trovare soluzioni più immediate e adatte al momento attuale non porta da nessuna parte?

Esattamente. Inoltre Confindustria, alimentando la conflittualità, non da una mano alle sue imprese, che invece ora hanno bisogno di lavorare in sinergia con il sindacato per agganciare la ripresa.

Sul settore della gomma plastica, pensa che dal punto di vista della politica industriale le scelte prese vadano tutte nella giusta direzione?

No. La plastic tax, ad esempio, è uno di quei temi di politica industriale che andrebbero discussi collegialmente. L’idea di inserire semplicemente una tassa è sbagliata, non incentiva la svolta green e rischia di fare male al settore in termini occupazionali. Sarebbe più opportuno, semmai, discutere di incentivi per la ricerca di materiali meno impattanti, dal punto di vista ambientale, rispetto alla plastica. Allo stesso modo anche la transizione energetica deve essere affrontata e gestita da un punto di vista scientifico e non emotivo. Pensare che di punto in bianco si possano spegnere le centrali a carbone, per passare alle fonti rinnovabili, è semplicemente irrealizzabile. Serve appunto una transizione, da gestire con il gas, per affrontare questa svolta epocale.

Le risorse europee possono essere utilizzate proprio per questo scopo.

Certamente, e non per caso il green new deal è uno dei pilastri fondamentali. Ma, prima di tutto, servono progetti concreti e realizzabili, altrimenti si rischia di non avere nulla in mano.

Pensa che su questi aspetti ci sia chiarezza nelle scelte della politica?

Assolutamente no. Vedo, purtroppo, molta improvvisazione.

di Tommaso Nutarelli da ildiariodellavoro.it

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