Fiom, le pressioni di Confindustria e degli industraili per riaprire le fabbriche sono cieche

Le pressioni” di Confindustria e degli industriali per riaprire le fabbriche “sono cieche: pi dura l’epidemia, pi a lungo l’economia non si riprenderˆ. Deve essere la comunitˆ scientifica a dirci quando sarˆ il momento di riaprire”. Lo dice il segretario generale della Fiom-Cgil, Francesca Re David.”Le regioni del Nord sono proprio i territori in cui il disastro sanitario sta impattando di pi anche perchŽ non sono state fatte le chiusure delle imprese nell’immediato e Bergamo ne  la dimostrazione – prosegue – se tutta la comunitˆ scientifica ci dice che sono da evitare gli spostamenti, dobbiamo considerare che nelle regioni del Nord la mobilitˆ  fortemente determinata dalle fabbriche. Pensare di rimettere in moto le fabbriche contemporaneamente e senza le necessarie misure per tutelare la salute e la sicurezza sul territorio oltre che nei luoghi di lavoro, significa mettere davanti il profitto”.Secondo la leader delle tute blu della Cgil “bisogna programmare la ripartenza, ma senza fare forzature come di nuovo sta tentando di fare Confindustria. Occorre ridisegnare le fabbriche perch questa situazione durerˆ a lungo e, quindi, prevedere i distanziamenti, le sanificazioni, le riduzioni dell’orario di lavoro per salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori, anche quelli degli appalti. In questo senso stiamo siglando protocolli e linee guida in molte aziende. Il Governo attraverso la comunitˆ scientifica avrˆ il compito di definire i tempi e le modalitˆ delle riaperture”. da ildiariodellavoro.itConfindustria del nord, prolungare il lockdown vuol dire spegnere il motore del paese”Se le quattro principali regioni del Nord che rappresentano il 45% del pil italiano non riusciranno a ripartire nel breve periodo, il Paese rischia di spegnere definitivamente il proprio motore e ogni giorno che passa rappresenta un rischio in pi di non riuscire a rimetterlo in marcia” : dunque “prolungare il lockdown significa continuare a non produrre, perdere clienti e relazioni internazionali, non fatturare con l’effetto che molte imprese finiranno per non essere in grado di pagare gli stipendi del prossimo mese”. Cosi’ le Confindustria di Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto si rivolgono al governo per sollecitare chi la “fase 2” e di definire una agenda “che consenta una riapertura ordinata e in piena sicurezza del cuore del sistema economico del Paese”.Per le associazioni degli industriali delle quattro regioni “occorre ripartire rapidamente per dare al Paese, alle imprese e ai lavoratori un’agenda chiara ed un quadro certo in cui operare”. Secondo Confindustria Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto “il criterio guida  la sicurezza: le aziende sicure sono tutte uguali. Per questo occorre condividere un modello di collaborazione con Istituzioni, autoritˆ sanitarie, Associazioni industriali, organizzazioni sindacali”.”Uscire dalla logica dei codici Ateco, delle deroghe e delle filiere essenziali a partire dall’industria manifatturiera e dai cantieri. E’ una logica non pi sostenibile e non corretta rispetto agli obiettivi di sanitˆ pubblica e di sostenibilitˆ economica. Il criterio guida  la sicurezza”. E ancora, si legge, “Le relazioni sociali ed economiche sono colpite in modo grave, imprevedibile fino a poche settimane fa. Stiamo facendo grandi sacrifici, che mai avremmo pensato ci sarebbero stati richiesti, che implicano la limitazione di alcune libertˆ che abbiamo sempre dato per scontate” scrivono i presidenti di Confindustria Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto sottolineando tuttavia la necessita’ “di essere consapevoli che all’emergenza sanitaria seguirˆ una profonda crisi economica: dobbiamo quindi essere in grado di affrontarla affinchŽ non si trasformi in depressione e per farlo abbiamo bisogno innanzitutto di riaprire in sicurezza le imprese”.Da qui la richiesta, appunto, di una roadmap per la ripartenza attraverso “un percorso chiaro e decisioni condivise con una interlocuzione costante tra Pubblica amministrazione, associazioni di rappresentanza delle imprese e sindacati che indichi le tappe per condurre il sistema produttivo verso la piena operativita’”. Per gli industriali , la salute “ il primo e imprescindibile obiettivo: le imprese devono poter riaprire, ma  indispensabile che lo possano fare in assoluta sicurezza, tutelando tutte le persone. Le aziende sicure devono poter lavorare. Chi non  in grado di assicurare la sicurezza necessaria nei luoghi di lavoro non pu˜ aprire”.Su questa prioritˆ occorre quindi definire “un piano di aperture programmate di attivitˆ produttive mantenendo rigorose norme sanitarie e di distanziamento sociale”. Le imprese, sottolineano le associazioni degli industriali del nord, “si sono giˆ dotate di alcuni importanti strumenti per modulare i propri comportamenti in questa difficilissima situazione, in primis il ‘Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19′ negli ambienti di lavoro. Si tratta di un documento fondamentale – scrivono – condiviso da tutti gli attori che deve trovare una rigorosissima applicazione, anche nei controlli, e costituire il principale riferimento”.Alle imprese, per attuare tale regolamento, deve essere assicurato, chiedono eugli industriali, un adeguato approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale. E ancora “velocizzare il percorso di autorizzazioni da parte dell’Iss per i dispositivi prodotti in deroga alle normative sanitarie”; “mettere in campo un pacchetto di misure di finanziamento a fondo perduto che supportino gli investimenti delle imprese nella sicurezza”. Un pacchetto “basato su alcune linee d’azione fondamentali: adozione di protocolli di sanificazione degli ambienti di lavoro; ripensamento degli spazi lavorativi per ridurre al minimo i contatti tra le persone; nuova mobilita’ da e per i luoghi di lavoro e all’interno dei siti produttivi; ricorso allo smartworking”.Gli industriali del nord chiedono, infine, “un impegno per definire insieme un piano di contenimento del virus” sui luoghi di lavoro basato su “una collaborazione tra Autoritˆ preposte, imprese e sindacati”. A livello regionale, “occorre condividere con i Servizi sanitari modelli di collaborazione in cui le imprese diventano luoghi in cui si attuano le politiche per la salute a partire dalle attivitˆ di screening preventivo sulle quali si attendono decisioni tempestive e univoche delle autoritˆ competenti: con l’ausilio fondamentale di test sierologici validati o con programmi coordinati di ‘tamponi’ sul territorio”.”

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