Energia, sindacati: l’aumento dei costi mette a rischio l’occupazione

“Come organizzazioni sindacali nazionali chiediamo con forza un tempestivo intervento delle istituzioni governative per porre immediatamente fine alle speculazioni finanziarie in atto nel mercato di scambio ETS (Emission Trading System) sulle quote di emissioni di CO2, quote che insieme al rincaro del costo del Gas Metano rappresentano un aumento spropositato dei costi di gestione delle imprese e un pesante e difficilmente sostenibile rincaro dei costi energetici. L’ETS, lo ricordiamo, nasce come strumento dell’UE per il controllo e la limitazione delle emissioni di CO2 e per stimolare una progressiva conversione verso la sostenibilità ecologica e Green dei sistemi di produzione. La forte speculazione finanziaria che si sta scaricando su questi particolari mercati, se non prontamente limitata, rischia di vanificare gli sforzi fin qui fatti e di danneggiare interi settori produttivi del nostro paese”. Così Sonia Tosoni, Lorenzo Zoli, Daniela Piras segretari nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil. “Proprio a causa di questo aumento di costi – aggiungono i tre segretari -, arrivano i primi e allarmanti segnali dalle industrie energivore dei settori ceramica, vetro, gomma plastica, tre settori che a livello industriale occupano circa 210 mila lavoratori. A soffrire particolarmente in questa fase sono le piccole e medie imprese, che in alcuni casi sono ricorse al fermo produttivo con il conseguente spegnimento degli impianti e la collocazione in Cassa Integrazione per migliaia di lavoratori, che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro. Il devastante mix dei rincari su gas ed elettricità – proseguono Tosoni, Zoli, Piras -, provocato anche dalle politiche avventate dell’UE sui contratti di fornitura a lungo termine sostituiti da contratti spot, aggiunti al sistema ETS e più in generale all’aumento del costo delle materie prime e del trasporto logistico, stanno compromettendo la fragile competitività del sistema produttivo italiano nella dimensione dei mercati europei e mondiali, spingendo le aziende, a partire dalle multinazionali operanti nel nostro paese, a delocalizzare le produzioni verso paesi in cui tali costi sono minori o assenti, rendendo le merci più competitive e profittevoli”.
“Ancora una volta ci troviamo di fronte alla colpevole assenza di politiche industriali ed energetiche che il Governo non ha ritenuto di prevedere né come elemento strategico nel PNRR né sui documenti di programmazione economica e finanziaria. Infatti, non sono previste misure strutturali per il contenimento dei costi energetici, ma solo piccole scontistiche di Iva sull’utenza finale, che non sono assolutamente sufficienti ed espongono il nostro paese ad una destrutturazione industriale con allarmanti conseguenze occupazionali e sociali. Per questo riteniamo che non sia più rinviabile un intervento strutturale del Governo in particolare sulle fonti di approvvigionamento e sul sistema tariffario e delle accise dei prodotti energetici, che deve essere immediatamente adottato per la tenuta del tessuto produttivo e la salvaguardia occupazionale del paese”.
Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil.

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