Coronavirus: Toscana, 505 nuovi casi, 24 decessi. Rapporto nuovi testati positivo 18%

Sono 505 i positivi in più rispetto a ieri, su un totale, da inizio epidemia, pari a 109.923 unità. I nuovi casi sono lo 0,5% in più rispetto al totale del giorno precedente. L’età media dei 505 casi odierni è di 48 anni circa (il 13% ha meno di 20 anni, il 22% tra 20 e 39 anni, il 34% tra 40 e 59 anni, il 19% tra 60 e 79 anni, il 12% ha 80 anni o più).

I guariti crescono del 2,4% e raggiungono quota 82.361 (74,9% dei casi totali). I tamponi eseguiti hanno raggiunto quota 1.671.272, 9.878 in più rispetto a ieri, di cui il 5,1% positivo. Sono, invece, 2.798 i soggetti testati oggi (escludendo i tamponi di controllo), di cui il 18% è risultato positivo. A questi si aggiungono i 451 tamponi antigenici rapidi eseguiti oggi. Gli attualmente positivi sono oggi 24.605, -5,5% rispetto a ieri. I ricoverati sono 1.600 (12 in più rispetto a ieri), di cui 253 in terapia intensiva (stabili).
Oggi si registrano 24 nuovi decessi: 8 uomini e 16 donne con un’età media di 84,4 anni. Relativamente alla provincia di residenza, le persone decedute sono: 8 a Firenze, 1 a Prato, 4 a Pistoia, 6 a Pisa, 2 a Arezzo, 1 a Siena, 2 a Grosseto.
Di seguito i casi di positività sul territorio con la variazione rispetto a ieri. Sono 30.731 i casi complessivi ad oggi a Firenze (156 in più rispetto a ieri), 9.687 a Prato (33 in più), 9.710 a Pistoia (56 in più), 7.000 a Massa (48 in più), 11.130 a Lucca (58 in più), 15.287 a Pisa (54 in più), 7.694 a Livorno (35 in più), 9.852 ad Arezzo (26 in più), 4.449 a Siena (24 in più), 3.828 a Grosseto (15 in più). Sono 555 i casi positivi notificati in Toscana, ma residenti in altre regioni. Sono 257 i casi riscontrati oggi nell’Asl Centro, 183 nella Nord Ovest, 65 nella Sud est.
La Toscana si trova al 10° posto in Italia come numerosità di casi (comprensivi di residenti e non residenti), con circa 2.947 casi per 100.000 abitanti (media italiana circa 2.912 x100.000, dato di ieri). Le province di notifica con il tasso più alto sono Prato con 3.759 casi x100.000 abitanti, Pisa con 3.648, Massa Carrara con 3.592, la più bassa Siena con 1.665.Complessivamente, 23.005 persone sono in isolamento a casa, poiché presentano sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere o risultano prive di sintomi (1.431 in meno rispetto a ieri, meno 5,9%). Sono 30.094 (1.231 in meno rispetto a ieri, meno 3,9%) le persone, anche loro isolate, in sorveglianza attiva, perché hanno avuto contatti con persone contagiate (Asl Centro 9.636, Nord Ovest 15.055, Sud Est 5.403).
Le persone ricoverate nei posti letto dedicati ai pazienti Covid oggi sono complessivamente 1.600 (12 in più rispetto a ieri, più 0,8%), 253 in terapia intensiva (stabili rispetto a ieri).
Le persone complessivamente guarite sono 82.361 (1.900 in più rispetto a ieri, più 2,4%): 438 persone clinicamente guarite (4 in più rispetto a ieri, più 0,9%), divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione e 81.923 (1.896 in più rispetto a ieri, più 2,4%) dichiarate guarite a tutti gli effetti, le cosiddette guarigioni virali, con tampone negativo.
Sono 2.957 i deceduti dall’inizio dell’epidemia cosi ripartiti: 1.057 a Firenze, 210 a Prato, 229 a Pistoia, 331 a Massa Carrara, 270 a Lucca, 318 a Pisa, 220 a Livorno, 141 ad Arezzo, 89 a Siena, 67 a Grosseto, 25 persone sono decedute sul suolo toscano ma erano residenti fuori regione.

ITALIA

Covid: una molecola nel sangue ne predice la gravità Scoperta italiana apre a terapie più mirate
Scoperta nel sangue una ‘spia’ che permette di predire la gravità della Covid-19 fin dalla comparsa dei primi sintomi: è la molecola sfingosina-1-fosfato, cruciale per la risposta immunitaria e l’integrità dei vasi sanguigni. Il suo dosaggio con un esame del sangue consente di valutare l’aggressività della malattia in ciascun paziente, in modo da intervenire in maniera tempestiva. Lo dimostra uno studio tutto italiano, frutto della collaborazione tra l’Università degli Studi di Milano, il Policlinico di Milano e l’Aeronautica Militare con l’Istituto di Medicina Aerospaziale di Milano. I risultati sono pubblicati sulla rivista Embo Molecular Medicine. La ricerca, condotta su 111 pazienti, dimostra che bassi livelli di sfingosina-1-fosfato sono associati a una maggiore probabilità di sviluppare un quadro clinico grave che richieda il ricovero in terapia intensiva, oltre a indicare un’aumentata probabilità di decesso. “I dati analizzati – spiega Giovanni Marfia, del Laboratorio di Neurochirurgia Sperimentale e Terapia Cellulare del Policlinico di Milano e medico del Corpo Sanitario Aeronautico – ci hanno consentito di determinare un valore soglia di sfingosina-1-fosfato, misurabile dopo un prelievo ematico già al momento della manifestazione dei primi sintomi, sotto al quale aumenta l’incidenza di complicanze e danno severo a diversi organi tra cui polmoni, fegato e rene”. Il dosaggio di questo marcatore al momento della positività all’infezione o all’accesso in pronto soccorso attraverso un semplice prelievo ematico permetterebbe dunque di stratificare i pazienti in base al rischio per introdurre interventi terapeutici tempestivi.
“La sfingosina-1-fosfato – aggiunge Laura Riboni, professore ordinario di biochimica dell’Università di Milano – è un biomodulatore chiave in molti processi cellulari vitali, tra cui lo sviluppo e l’integrità vascolare, il traffico linfocitario e i processi infiammatori. Quando i livelli circolanti di sfingosina-1-fosfato diminuiscono, s’instaura un danno vascolare e un’alterata risposta del sistema immunitario che determina un eccessivo e persistente stato infiammatorio. Il ripristino dei livelli fisiologici di sfingosina-1-fosfato può rappresentare una strategia utile a ridurre il rischio di progressione infausta del quadro clinico in pazienti con Covid-19 e anche a indurre un’efficace risposta immunitaria dopo vaccinazione”. Un altro risvolto importante dello studio “è che la sfingosina-1-fosfato può essere considerata un nuovo bersaglio terapeutico, sia in termini di ripristino dei normali livelli circolanti, sia nel potenziamento dei protocolli terapeutici in quei pazienti a più alto rischio, consentendo anche una migliore allocazione delle risorse sanitarie” conclude Stefano Centanni, direttore del Dipartimento di Scienze della Salute e della UOC di Pneumologia dell’ASST Santi Paolo e Carlo. (ANSA).

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