Coronavirus: Ipppolito, virus indebolito? Lo dicono i parolai Abbiamo 17mila sequenze e mostrano che stabile
Ieri sera avevamo 17mila sequenze in tutto il mondo e queste sequenze dicono che il virus sostanzialmente conservato, ci sono parolai che non hanno mai visto un virus e giocano con i computer a fare modelli. Questi vanno ascritti alla categoria dei pagliacci”. Cos, durante la trasmissione Agor, su Rai Tre, Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto per le malattie Infettive Spallanzani, rispetto a chi ritiene che il virus abbia subito delle mutazioni che lo abbiano indebolito. Quanto alle riaperture a livello regionale, ha proseguito Ippolito, “bisogna farlo in maniera programmata e con una interazione forte tra Regioni e Stato” e “con un’unica regia nazionale”. Con un’epidemia come questa, inoltre, “ indispensabile avere un modello di open data”, che in Italia “non abbiamo”, mentre dovremmo “abituarci a dare dati trasparenti, uguali, aperti e in tempi ragionevoli”. Le malattie infettive, ha concluso, “non si gestiscono con le parrocchie”.(ANSA).Coronavirus:esperto,su terapia plasma servono pi protocolliÊ Troppi espetti sconosciuti a partire da soglia anticorpaleSulla terapia con il plasma “ad oggi sappiamo che, in modo aneddotico, in base ad uno studio pilota, stata notata un’efficacia clinica a Pavia e Mantova, come nel resto del mondo, ma ci sono ancora troppi aspetti che non conosciamo”. E’ l’opinione di Piermaria Fornasari, ex primario dell’ospedale Rizzoli, ematologo esperto di medicina trasfusionale. Secondo l’esperto, inolte, “la linea scelta da Aifa e Iss per la sperimentazione sul plasma iperimmune in Italia non permette di raggiungere l’obiettivo sperato”. “Non abbiamo – dice all’ANSA – studi in doppio cieco, non conosciamo quale debba essere la soglia anticorpale minima per la donazione, non sappiamo neppure se l’efficacia clinica dipenda solamente dalla presenza di anticorpi o anche da altri principi attivi presenti nel plasma umano, non sappiamo il timing e il numero di somministrazioni, ma soprattutto l’outcome del suo utilizzo, se evitare il ricorso alla terapia intensiva (come nel trial toscano) o il distacco dal respiratore. Essendo una risorsa limitata, ne avremo poco: per utilizzare un farmaco cos raro con successo contro il Covid-19 necessario sapere esattamente come, quanto, in che momento e per quale finalit infonderlo nei pazienti”. Il trial, per Fornasari, “ci dovrebbe anche aiutare ad individuare in base a quali parametri clinici e di laboratorio iniziare e verificare l’efficacia della terapia: un parametro, ad esempio, potrebbe essere l’aumento dei globuli bianchi neutrofili, la cui attivazione presenta il punto di svolta della malattia”. Il problema, quindi, che “abbiamo bisogno di molte pi informazioni dai trial clinici: servirebbero molti pi protocolli, ciascuno dedicato ad approfondire uno di questi aspetti, e un coordinamento a livello europeo. Altrimenti si rischia di sprecare una risorsa che, non dimentichiamocelo, e sar sempre limitata”. (ANSA).”