CONTI PUBBLICI: DA S&P UN MONITO DA NON SOTTOVALUTARE (ANALISI)

Crescita economica debole e governo ancor piu’ debole. Sono queste le ragioni che hanno indotto l’agenzia di rating Standard & Poor’s a tagliare le prospettive (Outlook) sulle capacita’ dell’Italia di ripagare il debito pubblico. Si scende da una situazione Stabile a una Negativa. Resta invece invariato il rating, cioe’ l’attuale capacita’ del debitore di rimborsare capitale e interesse: A+ sul debito a lungo termine e A1+ per quello a breve termine.Per ora ha parlato solo Standard & Poor’s, vedremo nel prossimo futuro se anche gli altri big del rating, Fitch e Moody’s, si incammineranno sulla stessa strada.S&P solleva dubbi sulla possibilita’ di centrare gli obiettivi di finanza pubblica, tra cui il pareggio di bilancio previsto nel 2014 e la riduzione progressiva del debito pubblico in rapporto al Pil. Cosi’ aumenta al 33% la probabilita’ che i rating potrebbero essere abbassati nei prossimi 24 mesi.Immediata la replica del Tesoro che ricorda come siano in avanzata fase di preparazione i provvedimenti mirati al rispetto dell’obiettivo di pareggio di bilancio per il 2014 e come l’Italia e’ stata e sara’ un paese con risorse economiche e politiche da fargli sempre rispettare gli impegni presi.Vedremo lunedi’, alla riapertura dei mercati, se ci sara’ una pressione al ribasso sui prezzi dei titoli del debito pubblico italiano (Btp) con un conseguente aumento dei rendimenti e, in prospettiva, del costo del finanziamento del debito pubblico.Finora, il Belpaese e’ rimasto fuori dalla bufera della crisi del debito sovrano che ha affondato nell’ordine Grecia, Irlanda e Portogallo e messo sotto streess la Spagna. Anzi, nell’ultimo triennio, le cose sono persino migliorate.Nel marzo del 2008, il Tesoro per collocare Btp a dieci anni doveva sborsare il 4,40% all’anno, nessuno pagava piu’ del Bel Paese. Oggi paga il 4,70%, pochi centesimi in piu’.Nello stesso arco di tempo la Grecia e’ passata dal 4,38% al 16,7%, l’Irlanda dal 4,15% al 10,50%, il Portogallo dal 4,32% al 10,7%, la Spagna dal 4,06% al 5,50%. Una solida rimonta nonostante il debito pubblico tricolore sia salito al 119,1% del Pil nel 2010 contro l’85,1% della media dell’Eurozona.I plus dell’Italia, in questo tormentato periodo, sono stati essenzialmente quattro, di cui tre riconducibili alla capacita’ del Tesoro di controllare i conti pubblici.Il primo fattore positivo e’ rappresentato dal rapporto deficitpil al 4,6% contro il 6% dell’Eurozona.Il secondo e’ il saldo primario del bilancio pubblico, cioe’ la differenza tra entrate e spese, al netto degli interessi sul debito. Quest’anno il Belpaese registrera’ un saldo primario positivo pari a +0,2% del Pil. Poca cosa, si dira’: appena 3 miliardi da destinare alla riduzione del debito. Nell’Eurozona, la Francia viaggia a -3,5%, la Spagna a -4,6%, ci tallona solo la virtuosa Germania a -0,3%. Tra le 30 economie avanzate esaminate dal Fondo Monetario Internazionale, meglio dell’Italia stanno solo Corea del Sud e Norvegia.Il terzo plus e’ il saldo nel conto del Tesoro presso la Banca di Italia con un attivo tra 30 e 40 miliardi di euro.Si tratta di una riserva di munizioni, che come ricordato da Via Nazionale, assicura ampi margini di manovra rispetto alle necessita’ di rifinanziamento del debito.Il quarto elemento, merito anche dell’attenta vigilanza di Bankitalia, e’ un sistema bancario, forse ancora sottocapitalizzato rispetto agli standard europei, ma che non ha avuto alcuna crisi di liquidita’ e solvibilita’, al contrario di quanto accaduto in Gran Bretagna, Irlanda, Usa e, in parte, anche Germania.Poi c’e’ l’altra faccia della luna. Finora i mercati finanziari si sono concentrati sullo stato delle finanze pubbliche punendo severamente chi sgarrava senza una crescita economica sostenuta. Ora che sono iniziate le politiche di risanamento dei conti pubblici, che hanno ovviamente un effetto frenante sulla crescita economica, si comincia a guardare all’andamento del Pil, cioe’ sulla capacita’ dei paesi di rimanere competitivi senza il viagra della spesa pubblica. E qui, inutile nasconderlo, le cose non vanno bene.Il Pil tricolore e’ cresciuto nel primo trimestre dello 0,1% contro lo 0,8% dell’Eurozona. Solo il Portogallo ha fatto peggio (-0,7%), la Grecia ha fatto +0,7%, la Spagna +0,3%. Su un altro pianeta Francia e Germania cresciute rispettivamente dell’1% e dell’1,5%. Ancor piu’ divergente l’andamento della crescita economica tra Italia ed Eurozona su prospettive piu’ lunghe. Partendo dal terzo trimestre del 2010 per finire al primo del 2011, il Bel Paese ha fatto +0,3%,+0,1%,+0,1%: una linea di galleggiamento. L’Area euro si e’ invece mossa in progressione costante: +0,3%,+0,4%,+0,8%.Il Pil non va sottovalutato perche’ e’ il comune denominatore con cui si misurano deficit e debito, se non cresce, o cresce poco, e’ piu’ difficile migliorare i rapporti debitopil e deficitpil. Certo, si puo’ continuare a tagliare la spesa, ma non e’ detto che questo non incida negativamente sulla crescita deteriorando ulteriormente il denominatore. Quasi un circolo vizioso. Per romperlo e favorire la competitivita’, l’altro tallone d’achille dell’Italia (nelle classifiche internazionali occupiamo la 42 posizione, la Germania e’ decima), si invocano riforme strutturali: dal mercato del lavoro a quello dei mercati e dei prodotti, nonche’ quelle fiscali.Gli analisti di Standard&Poor’s, come peraltro molti altri economisti degli uffici studi delle banche, a partire da meta’ dicembre, dopo la sofferta fiducia parlamentare incassata dal governo, hanno cominciato a sollevare dubbi sulle capacita’ di un esecutivo instabile a portare avanti riforme significative.Proposte quali la modifica degli articoli costituzionali sulle liberta’ d’impresa e lo spostamento di ministeri da Roma a Milano appaiono iniziative di basso profilo, difficile che rilancino la domanda aggregata.Insomma, sul monito di S&P si puo’ controbattere come ha fatto oggi con puntiglio il Tesoro, ma sara’ meglio non sottovalutare i giudizi delle agenzie di rating. Chi l’ha fatto, come Georges Papandreou, premier della Grecia, Brian Cowen, ex premier dell’Irlanda, Jose’ Socrates, premier uscente del Portogallo, e Jose’ Zapatero, premier traballante della Spagna, ancora si lecca le ferite. ASCAÿ

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