Confindustria: non aumentare salari rivoluzione. Landini, a me pare restaurazione

Landini contro Bonomi sui contratti

“L’idea che nei contratti non si debba aumentare i salari” per Carlo Bonomi “è una rivoluzione. A me sembra una restaurazione“. Così Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, ha commentato le ultime uscite del presidente di Confindustria nel corso del dibattito La coesione al centro della ripartenza alla Festa dell’Unità 2020. “Teorizzare che in questa fase non si debba aumentare il salario nei contratti nazionali per me è continuare a pensare che il lavoro vada sfruttato, precarizzato e poco pagato. Una logica completamente sbagliata“. Dopo che diverse associazioni settoriali di Confindustria si sono rifiutate di firmare il rinnovo dei contratti nazionali con i connessi aumenti di stipendio, il numero uno di viale dell’Astronomia ha fatto sapere che gli industriali i contratti li vogliono, il fatto è che “li vogliamo rivoluzionari rispetto al vecchio scambio di inizio Novecento tra salari e orari“.

Per Landini, invece, “non firmare dei rinnovi contrattuali che dovevano solo essere firmati e per i quali c’era una preintesa” equivale a “non costruire coesione sociale ma scegliere una strada in cui si continuano a fare errori che c’erano anche prima del Covid” come “non investire sul lavoro e valorizzare” ma “pensare in un’ottica di sfruttamento del lavoro. Per questo sono d’accordo con chi dice che non sarà tutto come prima, perché voglio che non sia come prima: stiamo pagando la troppa precarietà, il ritardo sugli investimenti e la formazione delle persone. E va combattuta l’idea della competizione tra lavoratori”, ha detto ancora l’ex leader dei metalmeccanici.

“Oggi il è momento di fare la legge sulla rappresentanza, per dire che i contratti pirata vanno cancellati, perché bisogna misurare la rappresentanza in base a quanti si parla e fare in modo che i contratti nazionali abbiano valore generale, perché non va tutelato solo il salario ma anche i diritti delle persone”. Si definiscono contratti pirata quelli stipulati tra aziende e sindacati scarsamente rappresentativi e che impongono ai lavoratori retribuzioni peggiorative rispetto ai contratti di settore più rappresentativi. Secondo il Cnel oltre i due terzi degli 885 contratti nazionali ora in vigore sono pirata.

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