Ci vorrà un secolo per colmare il ‘gender gap’ dei salari nel mondo. Italia in fondo classifica

La differenza di salario fra uomo e donna vale 3000 euro lordi l’anno. L’Italia è in fondo alle classifiche internazionali ma il ministro Catalfo sta lavorando a un piano da presentare in Europa.

La parità di salario è stabilita dalle leggi, ma nei fatti la differenza retributiva tra uomini e donne è di oltre 3.000 euro lordi annui a sfavore delle lavoratrici. Secondo i dati dell’Osservatorio JobPricing, ma anche del Global Gender gap Report del World Economic Forum, di Eurostat e del Parlamento europeo, l’Italia resta in fondo alle classifiche.

Senza interventi almeno 70 anni per chiudere il gap.

Secondo il Cnel, senza interventi normativi, l’assorbimento del differenziale sarà conseguito nell’arco di almeno 70 anni. Per ridurre il gender pay gap, il ministero del Lavoro intende allora mettere in campo degli incentivi sulla retribuzione di risultato che portino le imprese ad adottare indici di produttività gender oriented. L’empowerment femminile è uno degli argomenti su cui la ministra Nunzia Catalfo si sta maggiormente concentrando in vista del piano di riforme da presentare all’Europa per avere accesso agli stanziamenti del Recovery Fund.

La strategia del ministro Catalfo

L’obiettivo è favorire l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro attraverso la programmazione di incentivi alle assunzioni, con contratti di lavoro a tempo indeterminato, a tempo determinato, di apprendistato professionalizzante o di mestiere, per il triennio 2020-2022. Catalfo punta anche alla creazione di percorsi formativi fondati sull’acquisizione di nuove competenze, con particolare riguardo all’accesso alle discipline Stem (Scienza, tecnologia, ingegneria, matematica), in grado di rispondere ai nuovi fabbisogni occupazionali. Al tempo stesso, per Catalfo va incentivata la permanenza nel mercato del lavoro delle lavoratrici madri.

Ciò mediante la creazione di specifici incentivi al mantenimento occupazionale al rientro dalla maternità, il contrasto al part-time involontario, alle dimissioni “in bianco” e la promozione di strumenti di condivisione delle responsabilità genitoriali e dei carichi di cura, come il rafforzamento del sistema dei servizi socio-educativi per la prima infanzia (nidi e micronidi) e di servizi per la long-term care.

Le proposte del Cnel

Il presidente del Cnel ed ex ministro del Lavoro Tiziano Treu ritiene che la proposta di Catalfo di incentivi sulla retribuzione di risultato possa “andare bene” ma “bisogna capire come fare”. “Si deve procedere con attenzione, coinvolgendo le parti sociali”, avverte. “I premi sono calcolati spesso con sistemi complessi e alcuni indici di calcolo della produttività possono avere pregiudizi maschilisti. Occorre quindi vedere i criteri di produttività nei contratti nazionali e aziendali, coinvolgendo molto le parti: se si riscontrano pregiudizi non favorevoli bisognerebbe correggerli”.

Il Cnel si è occupato del problema e vi dedicherà un forum il 22 settembre: “La nostra proposta spiega Treu – è di far sì che le aziende forniscano i dati su retribuzioni e inquadramenti, in modo da conoscere realmente la condizione lavorativa delle donne in Italia e far aumentare la consapevolezza dei divari”. Ma fondamentale è potenziare l’offerta di servizi per l’infanzia, per favorire il mantenimento dell’occupazione femminile.

Cosa pensano i sindacati

Due proposte che trovano l’approvazione del sindacato: secondo la segretaria confederale della Uil Ivana Veronese, per superare le differenze salariali tra uomini e donne bisogna assicurare i servizi sociali necessari alle donne lavoratrici, raccogliere e analizzare i dati sulle retribuzioni e gli

inquadramenti dalle imprese ma anche prevedere premialità per le aziende che mettono in atto politiche paritarie. La vice segretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi, ritiene “positivo che la ministra del Lavoro si prenda in carico il tema della differenza salariale di genere” e assicura la disponibilità del sindacato “ad aprile un tavolo di confronto”. Secondo Fracassi per aumentare la partecipazione delle donne al lavoro e ridurre il divario di genere vanno ora utilizzate parte delle risorse del Recovery fund. (AGI)

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