Altre cinque regioni arancioni, la provincia di Bolzano rossa e un approfondimento nelle prossime ore sulla Campania, che potrebbe seguire la Lombardia e il Piemonte e diventare rossa anche se dalla Regione continuano a ribadire che “il sistema sanitario regge”. Dopo tre giorni di rinvii, la cabina di regia del ministero della Salute aggiorna il monitoraggio sulla situazione epidemiologica in Italia e il ministro Roberto Speranza firma le ordinanze con cui Abruzzo, Basilicata, Liguria, Toscana, Umbria e la provincia di Bolzano finiscono in una fascia diversa e con maggiori restrizioni rispetto ad una settimana fa. “La situazione continua a peggiorare – dice il direttore del Dipartimento di prevenzione del ministero Gianni Rezza – e giustifica l’adozione di interventi più restrittivi”. Le misure scatteranno da mercoledì 11 novembre, dopo giorni di tira e molla tra governo e regioni, con i dati che hanno faticato ad arrivare a Roma e la pressione costante di buona parte dei governatori affinché l’esecutivo abbandonasse il sistema di restrizioni localizzate adottato con il Dpcm del 3 novembre a favore di un provvedimento nazionale. Un lockdown generale che il premier Giuseppe Conte continua a non volere e che però chiedono anche i medici, lanciando allarmi da due giorni. “Se i numeri continueranno a essere questi il governo dovrà prendere delle decisioni importanti che contemplano anche il lockdown totale – ha ribadito il presidente della Federazione dei medici Filippo Anelli – Solo così si può bloccare l’ascesa di questa curva, altrimenti il sistema sanitario non reggerà”. Per il momento però non si cambia. E dunque: nei prossimi 15 giorni Abruzzo, Basilicata, Umbria, Liguria e Toscana saranno in zona arancione. Rispetto alle misure già in vigore in tutta Italia, scatterà il divieto di entrata e uscita dalla regione e di spostamento tra i comuni – salvo per motivi di lavoro, studio, salute e necessità – e la chiusura di bar e ristoranti per tutto il giorno. Continueranno ad essere invece aperte le scuole, che saranno in presenza per infanzia, elementari e medie. Lockdown ancora più duro in provincia di Bolzano, che il ministero ha inserito in zona rossa ma che, di fatto, lo era già da diversi giorni: chiusi anche i negozi, salvo alimentari e farmacie, e didattica a distanza anche per seconda e terza media. Non solo: a Bolzano il sindaco ha inasprito ulteriormente le misure con un’ordinanza che consente l’attività motoria a non più di un chilometro di distanza dalla propria abitazione. “Non abbiamo alternative” è il laconico commento che arriva dall’assessore provinciale alla sanità Thomas Widmann Ma cosa è cambiato? “La situazione continua a peggiorare – dice Rezza, a livello nazionale c’è un Rt a 1,7 e 500 casi per 100mila abitanti”. E c’è un “aumento dei ricoveri ospedalieri, soprattutto in terapia intensiva”. Dunque è giustificata “l’adozione di interventi più restrittivi nelle regioni più colpite e l’adozione di comportamenti prudenti da parte di tutti i cittadini”. Tre delle cinque regioni da oggi in zona arancione hanno ad esempio un rapporto positivi/tamponi sopra la media nazionale: 18% per la Basilicata, 17,1% per la Liguria e addirittura 30% per l’Umbria. Non solo: già il 3 novembre, quando è stato firmato il Dpcm, 4 regioni su cinque avevano un tasso di occupazione dei posti letto nei reparti ordinari o nelle terapie intensive sopra la soglia critica: oltre alla Basilicata, il 31% dell’area medica in Abruzzo, il 46% delle terapie intensive e il 47% dell’area medica in Umbria, il 60% dei reparti ordinari in Liguria e il 36% delle rianimazioni in Toscana. Le cinque regioni rimarranno in zona arancione per almeno 15 giorni: se infatti i dati dovessero peggiorare ulteriormente, già la prossima settimana potrebbero diventare rosse. Diverse le reazioni dei governatori alle scelte del governo. Se Vito Bardi non esclude misure ancora più restrittive per la Basilicata e fa appello al “senso di responsabilità dei lucani affinché abbiano atteggiamenti responsabili”, e quello della Toscana Eugenio Giani parla della necessità di fare “sacrifici ora per uscirne il prima possibile”, il presidente della Liguria Giovanni Toti si dice “perplesso” visto che i numeri “sono più o meno simili a quelli della scorsa settimana”. Anche se è lui stesso a confermare come gli ospedali della regione siano “sotto forte pressione”. Dubbi anche dalla governatrice dell’Umbria Donatella Tesei, secondo la quale la Regione “si è attrezzata e portata avanti con il piano di salvaguardia”, installando anche un ospedale da campo. Ma pure lei deve ammettere che “purtroppo l’evoluzione e i numeri straordinari di questa seconda ondata stanno facendo cambiare i colori a tante regioni e con molta velocità”. (di Matteo Guidelli) (ANSA).
Iss, rischio epidemia incontrollata e non gestibile Criticità assistenza, sempre più verso scenario 4,”stare a casa”
L’epidemia di Covid-19 in Italia peggiora e a livello nazionale l’indice di contagio Rt è pari a 1,7. Oramai tutte le Regioni/PA sono classificate a rischio alto di una epidemia non controllata e non gestibile sul territorio o a rischio moderato con alta probabilità di progredire a rischio alto nelle prossime settimane. La maggior parte del territorio nazionale è compatibile con uno scenario 3 ma sono in aumento le Regioni e le province autonome in cui la velocità di trasmissione è già compatibile con uno scenario 4 e la situazione e’ ormai “complessivamente e diffusamente molto grave sull’intero territorio con criticità ormai evidenti in numerose aree”. La Lombardia con 2.08 è la regione con l’Rt più alto, segue la Basilicata con 1.99, Piemonte con 1.97, Molise con 1.88. e Provincia autonoma di Bolzano 1.87. È essenziale “rafforzare le misure di mitigazione in tutte le Regioni/PA” e il direttore del dipartimento della Prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza, presenta il quadro di una “situazione epidemiologica da Covid-19 che continua a peggiorare”, con “oltre 500 casi per 100mila abitanti e quasi tutte le regioni italiane pesantemente colpite”. Fra le preoccupazioni maggiori c’e’ quella per le strutture sanitarie: ci sono “forti criticità dei servizi territoriali e il raggiungimento attuale o imminente delle soglie critiche di occupazione dei servizi ospedalieri in tutte le Regioni/PA”, si legge nell’analisi dei dati per il periodo 26/10-1/11 con aggiornamento al 9 novembre. L’indicazione e’ quella di una “drastica riduzione delle interazioni fisiche tra le persone in modo da alleggerire la pressione sui servizi sanitari. È fondamentale che la popolazione eviti tutte le occasioni di contatto con persone al di fuori del proprio nucleo abitativo che non siano strettamente necessarie e di rimanere a casa il più possibile”. Come ogni lunedì, i casi segnano una riduzione: sono scesi a 25.271 (7.000 in meno in 24 ore), e si è ridotto anche il numero dei tamponi: 147.725 ieri contro 191.144. I decessi sono stati 356 in più in 24 ore e i ricoveri nelle unità di terapia intensiva sono saliti complessivamente a 2.849. Con 4.777 nuovi casi, la Lombardia continua a essere la regione più colpita, seguita da Campania (3.120) e Piemonte (2.876). Nonostante i numeri calino a livello nazionale, il rapporto fra casi positivi e tamponi continua a essere alto:17,1%. Da 3 giorni ormai si è attestato su valori superiori al 17%, primo indicatore di come i numeri dell’epidemia continuino a sfuggire numerosi dalle maglie del tracciamento. Avere un quadro fedele della situazione epidemiologica è comunque molto difficile perché “l’indice Rt viene calcolato sulla base della data in cui sono comparsi i sintomi”, osserva il fisico Giorgio Parisi, dell’Università Sapienza di Roma. “La percentuale di chi ha i sintomi varia da regione a regione” e “non viene indicato il motivo per cui le persone fanno il tampone”. Sarebbe importante saperlo, secondo il fisico, soprattutto considerando il fatto che “una volta c’erano variazioni non notevoli, ma adesso non si capisce perché molti facciano i tamponi”: Significa, ha detto, che “le regioni non riescono a fare il contact tracing come una volta e che non riescono ad avere informazione di quanto sta succedendo”. Ecco perché il rapporto fra casi positivi e tamponi continua a essere “molto alto in tutto il Paese”: “il fatto che il rapporto rimanga costante rispetto ai giorni in cui i tamponi sono di più fa pensare che riduzione dei casi positivi sia solo apparente”, ha rilevato il fisico Giorgio Sestili, fondatore e fra i curatori della pagina Facebook “Coronavirus – Dati e analisi scientifiche”. Sostanzialmente “ogni 40.000 tamponi che facciamo registriamo 7.000 casi in meno: è come se il rapporto fra la riduzione dei tamponi e quella dei casi sia costante”, ha osservato. L’andamento dei decessi mostra invece un rallentamento, in linea con la curva epidemica, che ormai mostra di avere un tempo di raddoppio dei casi superiore a sette giorni.
(di Enrica Battifoglia e Manuela Correra ANSA).
SCHEDA/Ecco le misure per regioni rosse e arancio
Dall’11 novembre la Provincia autonoma di Bolzano diventerà zona rossa, insieme a Lombardia, Piemonte, Calabria e Valle d’Aosta che già lo sono. In zona arancione entrano invece Abruzzo, Basilicata, Liguria, Toscana e Umbria, che si affiancano cosi a Puglia e Sicilia. Tutte le altre Regioni si collocano nella zona gialla. Ecco le misure previste per ciascuna delle tre fasce di rischio legate alla pandemia da Covid-19 ed in cui l’Italia sarà divisa fino al 3 dicembre per effetto dell’ultimo dpcm. In tutto il Paese il coprifuoco scatta alle 22.
– ZONA ROSSA: vengono applicate le misure più restrittive previste dal Dpcm. L’uscita di casa va motivata, sono chiusi bar, ristoranti, negozi, la Dad e’ prevista dalla seconda media in poi. E’ vietato spostarsi da un Comune all’altro, nonche’ uscire od entrare nella Regione. Torna l’autocertificazione anche per gli spostamenti all’interno di una citta’ .
– ZONA ARANCIONE: I ristoranti e bar restano chiusi per tutta la giornata. I negozi restano aperti. La Dad e’ prevista solo alle superiori. La circolazione all’interno di un Comune e’ permessa ma non lo e’ abbandonare il proprio Comune di residenza, domicilio o abitazione. E’ vietato entrare o uscire dalla Regione.
– ZONA GIALLA: vigono le misure restrittive piu’ “morbide” previste dal Dpcm. I ristoranti e i bar sono aperti fino alle 18, i negozi restano aperti fino a orario di chiusura. I centri commerciali sono chiusi nei weekend. E’ possibile spostarsi all’interno della Regione e da una Regione gialla all’altra. (ANSA).