Agricoltura. Mininni (Flai Cgil), tasso irregolarità settore 60%, più controlli e alleanza contro illegalità

Con un tasso di irregolarità nel settore agricolo attorno al 60%, Giovanni Mininni, segretario generale della Flai Cgil, si rivolge direttamente alla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo: “Servono più controlli, ma serve soprattutto la Rete del lavoro agricolo di qualità”. E alle imprese sane propone un’alleanza per mettere al bando l’illegalità
Non usa mezzi termini il segretario generale della Flai Cgil intervenendo a un’iniziativa promossa dal Ministero del lavoro e dall’Oil. Per Giovanni Mininni quello che i sindacati lanciano sul fronte dello sfruttamento in agricoltura è un grido d’allarme. Ed è suffragato dai dati impietosi che raccontano come se è vero che la legge contro il caporalato ha dato al nostro Paese un ottimo strumento per contrastare il fenomeno, contemporaneamente le irregolarità nel settore sono cresciute. Secondo i dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro il tasso di irregolarità nel 2019 si attestava al 59,5%. Eppure, negli stessi anni in cui la legge 199 vedeva la luce, le ispezioni nel comparto agricolo si riducevano drasticamente del 33%. Numeri – denuncia il sindacalista – che impongono non solo una riflessione ma uno scatto.
O meglio un riscatto: perché “non tutta l’agricoltura è fatta di sfruttamento e lavoro nero, anzi proprio l’agricoltura rappresenta anche l’eccellenza produttiva del Paese grazie all’impegno di tante lavoratrici e lavoratori del settore e a quelle aziende che hanno deciso di competere nel rispetto dei diritti del lavoro”. Proprio per questo, sottolineano dalla Flai Cgil, d’accordo con le organizzazioni sindacali di Cisl e Uil, deve essere chiaro che la battaglia condotta dal sindacato deve trovare una sponda anche da parte delle imprese con il superamento di alcune resistenze che continuano a manifestarsi. Serve, insomma, un’alleanza che liberi l’agricoltura da chi decide di competere nell’illegalità scaricando così i costi della competitività sulle spalle dei lavoratori. Se per i lavoratori questo è un dramma non lo è meno per le aziende limpide, che rischiano di restare soffocate dalla concorrenza sleale.
Ed eccolo allora il grido d’allarme. Molto apprezzato il piano triennale contro il caporalato – è vero – ma c’è una necessità non più derogabile: quella di implementare la rete del lavoro agricolo di qualità. Un messaggio rivolto in questo caso anche alle istituzioni e, in primo luogo, alla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo. “Non aiuta l’atteggiamento dell’Inps – denuncia Mininni – ma le difficoltà si possono superare anche con semplicità. In questi anni abbiamo sperimentato ottime pratiche che hanno funzionato come, ad esempio, in Emilia Romagna, dove nei Piani di sviluppo rurale sono state premiate le aziende iscritte alla Rete. Questa semplice disposizione ha avuto effetti positivi importantissimi tanto che due anni più tardi la Regione è ancora capofila nelle iscrizioni. Immaginiamo se si facesse così ovunque. Se per esempio si stabilisse che le mense possono acquistare solo prodotti di imprese iscritte nella rete che garantiscono quindi che dietro quel cibo non c’è sfruttamento. È semplice ed è sperimentato. Facciamolo”
Un altro elemento inspiegabile per il sindacato è che oggi a quattro anni dall’entrata in vigore della legge 199 esistono solo 6/7 sezioni territoriali di quella rete. Un ritardo determinante perché sono proprio le sezioni territoriali i luoghi dove le parti si incontrano e stabiliscono fattivamente le azioni da intraprendere non per punire ma per prevenire il fenomeno dello sfruttamento. “Una piaga – conclude il numero uno della Flai Cgil – che sconfiggiamo solo se lo Stato e noi tutti, cittadini, lavoratori e aziende di qualità ci riappropriamo di un pezzo di economia appaltata a chi vuole lucrare e ha fatto dell’illegalità il proprio modo di fare impresa”. Di Martina Toti da collettiva.it

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