LEGGE DI BILANCIO 2025 IN OTTICA DI GENERE
PREMESSA
La Legge di Bilancio 2025 presenta un quadro di politiche frammentarie e non esprime quella
visione in grado di cambiare in profondità il Paese. Questo è tanto più evidente negli interventi sulle
politiche di genere. La Legge di Bilancio è l’ennesima occasione mancata per avviare un
cambiamento strutturale e duraturo a supporto delle donne, prevedendo al contrario interventi
deboli ed episodici che lasciano le donne ai margini del mondo del lavoro.
OPZIONE DONNA: viene prorogata la misura per il pensionamento anticipato senza allargarne le
maglie. In particolare, restano invariate le restrizioni relative alla platea delle destinatarie che
continueranno ad essere costituite da caregivers, invalide civili in misura pari o superiore al 74% e
lavoratrici o licenziate da imprese per cui è attivato un tavolo di crisi.
CONGEDI PARENTALI: estensione definitiva dell’indennità nella misura dell’80% della
retribuzione per i primi tre mesi di fruizione. La misura è sicuramente apprezzabile ma non
sufficiente, poiché non sono previste misure atte a scardinare quel meccanismo che porta solo le
donne a usufruire del congedo parentale (ad esempio per il minor reddito percepito).
DECONTRIBUZIONE PER LE LAVORATRICI MADRI: confermato l’esonero della quota di
contributi previdenziali per le lavoratrici dipendenti e autonome. La previsione però non è stata
allargata alle lavoratrici domestiche che sono quelle a più basso reddito. Inoltre l’agevolazione è
confermata per il 2025 per chi ha due figli, per poi alzarsi negli anni successivi a tre o più figli.
INCENTIVI PER L’OCCUPAZIONE: vengono confermate le riduzioni del costo del lavoro per
le assunzioni di donne in condizione di svantaggio (madri con almeno due figli, donne vittime di
violenza, donne che abitano in territori svantaggiati). La previsione consiste in uno sgravio
contributivo del 100% per 24 mesi calcolato sulla quota a carico dei datori di lavoro. Si conferma
dunque l’idea che per aumentare l’occupazione femminile sia necessario incentivare le aziende con
agevolazioni contributive come se la professionalità delle donne fosse peggiore e quindi da
incentivare rispetto a quella maschile.
CONTRIBUTO ASILO NIDO: la misura del buono è pari a 3.600 euro per nuclei con ISEE entro
i 40.000 euro in relazione ai nati dal 1 gennaio 2024. La previsione presenta due grossi limiti: in
alcune città le rette degli asili nido sono nettamente superiori ai 3.600 euro garantiti dal bonus e in
molte zone d’Italia (meridione e aree interne) mancano le strutture (3 bambini su 4 non hanno
accesso agli asili).
N.B. La Regione Toscana attraverso il Bando NidiGratis garantisce un contributo alle famiglie per
la gratuità dei servizi educativi per la prima infanzia da sommare a quello garantito dall’INPS.
CONCLUSIONI
La stabilità lavorativa, il sostegno alle famiglie e l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro
non possono essere realizzati con i pochi provvedimenti all’interno della Legge di Bilancio,
frammentari e di breve respiro. In questi giorni si sente molto parlare di un aumento
dell’occupazione femminile, ma i dati ci dicono che solo una donna su due lavora, una percentuale
tanto più grave se messa a confronto con la media europea, dove l’Italia rimane fanalino di coda per
l’occupazione femminile. Un altro dato allarmante è quello del gap tra tasso di occupazione
femminile e tasso di occupazione maschile che arriva a superare il 18%. E la carenza di misure a
sostegno dell’occupazione femminile è evidente anche dalle ore lavorate: il 31% delle donne
occupate ha un contratto part time rispetto al 7% degli uomini e in molti casi la scelta non è
volontaria (dati ISTAT).
Continuano quindi a mancare interventi a favore di una nuova e stabile occupazione, che ha bisogno
di politiche strutturali di lungo periodo e non incentivi deboli o bonus che non cambiano la struttura
del mercato del lavoro ma servono solamente ad alimentare una propaganda spicciola. Mancano
interventi che incentivino alla genitorialità condivisa a fronte di interventi deboli, sbilanciati sulla sola maternità. Ad esempio sarebbe necessario, come da anni chiede la Cgil, incrementare il numero dei giorni di congedo di paternità obbligatorio, che oggi è solo di 10 giorni, sino ad arrivare a renderlo paritario (anche su questo l’Italia è in fondo alla classifica dei paesi europei).
Mancano interventi di contrasto al lavoro povero che sappiamo è soprattutto femminile (bassa
qualità, bassi stipendi, part time involontari, precarietà) e che si tradurrà in pensioni povere.
In conclusione, non servono bonus per poche, ma riforme strutturali per tutte e tutti.
Firmato: M. Cristina Arba – Coordinamento Donne Cgil Toscana