“Il deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia europea, che fa seguito all’apertura della procedura di infrazione da parte della Commissione Europea lo scorso novembre, ci rafforza nelle nostre convinzioni: i requisiti dei due anni di residenza e quello della convivenza per essere beneficiari dell’Assegno unico sono discriminatori”. È quanto dichiarano le segretarie confederali della Cgil Daniela Barbaresi e Maria Grazia Gabrielli.
“Quelle previsioni hanno impedito a tanti cittadini, comunitari e non, di accedere ad una prestazione di sicurezza sociale. E come abbiamo sostenuto fin dall’introduzione dell’Assegno unico e universale per i figli – spiegano le dirigenti sindacali – si tratta di una discriminazione non solamente per quello che è il bacino di riferimento della procedura di infrazione, ovvero i cittadini e le cittadine di altri paesi membri dell’Unione, ma anche – come sosteniamo da tempo – per tutte le lavoratrici e i lavoratori il cui nucleo familiare sia residente nei paesi esteri. Su questo principio – concludono Barbaresi e Gabrielli – siamo in procinto di attivare tutte le azioni necessarie per porre rimedio a una discriminazione inaccettabile”.