Sul palco della Conferenza di programma Cgil le esperienze di tre operatori che si misurano con le grandi piattaforme digitali. Dai ritmi intensi e le malattie professionali di Amazon alle chat del call center, alle corse in bici in mezzo al trafficodi Stefano Iucci Contrattare nelle piattaforme. ? questo il titolo del primo panel che si svolto ieri durante la Conferenza d?organizzazione della Cgil in corso a Milano al Teatro Dal Verme. Nel confronto, moderato da Luca Patrignani, hanno raccontato le loro esperienze tre lavoratori che ogni giorno si misurano col lavoro al tempo delle grandi piattaforme digitali. A partire da Amazon.Beatrice Moia, delegata Filcams del colosso statunitense, mette in rilievo come ?dietro a un?innovazione apparente si nasconde un lavoro duro, fatto di pesanti carichi manuali da movimentare e lunghe distanze da percorrere ogni giorno. Anche giovani di poco pi di 20 anni, dopo tre o quattro anni di lavoro, accusano patologie muscolo-scheletriche?. Poi c? l?algoritmo: ?? stressante lavorare essendo controllati a ogni istante. In tanti soffrono di attacchi di panico e ansia?, racconta Moia. Che aggiunge: ?Qualcosa per si muove, siamo molto orgogliosi del primo sciopero che abbiamo organizzato durante l?ultimo black friday. Siamo finalmente riusciti a parlare di questi aspetti, che prima non conosceva nessuno?. Tra i motivi della vertenza, i turni non equamente distribuiti e la mancata rotazione delle mansioni. E poi c? la gestione del personale: ?Amazon incentiva economicamente dopo tre o quattro anni i lavoratori ad andarsene. Dopo un po?, con mansioni cos stressanti, non sei pi produttivo. E cos ti ritrovi ?fuori?, magari con qualche ernia e poche possibilit di trovare un?altra occupazione?.L?impatto delle piattaforme digitali ha trasformato anche il lavoro nei call center. ?All?inizio – spiega Alessio Barsotti, di Nidil e precario di Contact Center – ci sembrava positivo. Il lavoro alla cuffia molto pi stressante della chat. Tuttavia, ben presto ci siamo resi conto che l?azienda stava iniziando a creare un database di risposte, in modo da automatizzare il pi possibile il lavoro, il che naturalmente in futuro si tradurr in meno lavoro e meno persone impegnate.? Le aziende, ha aggiunto Barsotti, ?hanno gi iniziato a vendere prodotti in cui il 50 per cento degli interventi di ?aiuto? li fanno le macchine, poi c? un?altra quota di interazioni ibride lavoratori-macchine e quindi solo una percentuale residua di lavoro umano. Cos si crea la disoccupazione?. In queste condizioni difficile protestare e fare scioperi. ?La nostra sfida ? conclude il lavoratore ? utilizzare i fondi disponibili per fare formazione, per ?trasportarli? verso nuovi modelli di lavoro in cui l?automazione gioca un ruolo sempre pi importante?.L?ultimo lavoratore a portare la propria testimonianza il rappresentante della categoria che forse, nell?economia dell?algoritmo e dei lavoretti, quella, se possibile fare una graduatoria, che sta messa peggio. Quella dei rider, coloro che in bicicletta ci consegnano cibo e merci a domicilio. Niccol Verde ha 24 anni e se da un lato riconosce che il lavoro che svolge gli offre una certa disponibilit nella gestione del proprio tempo, dall?altro sottolinea che ?si tratta di un?attivit molto pericolosa, in mezzo al traffico, nello smog, magari sotto alla pioggia. E il tutto senza uno straccio di assicurazione che copra i rischi che si corrono ogni giorno?. Per questo, il primo obiettivo dei rider che tra mille problemi (?abbiamo difficolt a incontrarci, parlare e confrontarci tra noi?) provano a raggiungere quello di avere un contratto di lavoro. ?Cos – conclude Verde – ci siamo avvicinati al sindacato. Per noi sarebbe un gran risultato?. da rassegna.it
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