Il segretario generale della Cgil propone una svolta nel sindacato: ?Per governare la tecnologia, serve pi contrattazione. La nostra forza deve aiutare anche i rider a trovare la loro forma organizzativa. Serve pi sindacato di strada, meno d?ufficio?®La tecnologia non neutra e non immodificabile, frutto di scelte e quindi governabile e orientabile¯. Lo ripete pi volte Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, dal palco della conferenza di programma del sindacato a Milano. Titolata, non a caso, ?Governare l?innovazione, contrattare la digitalizzazione?.®Come sempre, di fronte alle grandi trasformazioni, il problema non non vedere le opportunit offerte dall?innovazione. Il problema come le governi¯, ribadisce Camusso a Linkiesta. ®Non possiamo permettere che poche grandi aziende, da Amazon a Google, decidano da sole. Dobbiamo far s che le opportunit che offrono non siano per pochi ma si redistribuiscano. E in questo il sindacato pu giocare un ruolo chiave con la contrattazione, contrattando gli algoritmi, gli orari e le modalit di lavoro, andando oltre il lavoro subordinato e raggiungendo i lavoratori nuovi, come i rider. Quello che ci serve pi sindacato di strada e meno sindacato degli uffici¯.Segretario, nella sua relazione ha citato Warren Gamaliel, quando dice che ?la fabbrica del futuro avr solo due operai: un uomo e un cane. Compito dell?uomo nutrire il cane, la cui funzione tenere l?uomo lontano dalla macchina?. Ma la Cgil come vede il futuro della fabbrica?Pensiamo che l?idea di totale sostituzione e automazione si possa non determinare. Se parliamo dei processi industriali, ad esempio, una capacit di elaborazione pi rapida dei dati pu determinare un processo di professionalizzazione e di responsabilizzazione, che certo per va governato positivamente. Perch se lo governi con il modello scelto da Amazon, ad esempio, lo interpreti nel modo peggiore, con la massima parcellizzazione, generando estraneit dei processi e sfruttamento. Questo in parte il classico processo della catena di montaggio. Non sufficiente quindi celebrare il nuovo. Perch dietro la modernit del grande distributore, ci sono anche e soprattutto modi antichi di lavoro, per niente immateriali.Non di soli ingegneri e sviluppatori fatta la nuova rivoluzione tecnologica del lavoro.Certo, assistiamo alla convivenza di organizzazioni del lavoro molto evolute e luoghi di sfruttamento fordista. Le nuove professionalit legate alle piattaforme sono gi polarizzate in una logica diseguale. Il rider, la click farm o il lavoratore su Mechanical Turk rientrano nei lavori nuovi svalorizzati, non riconosciuti, in cui il problema sempre il minimo costo. E ancora: nei cicli produttivi si tende a usare la tecnologia per capire ?dove posso sottrarre condizioni di lavoro e ridurre i costi?. Prendiamo la logistica, che non pi solo la materiale consegna di un oggetto. Eppure questo il settore pi marginalizzato che oggi abbiamo nel lavoro, con le cooperative spurie, gli appalti degli appalti, il massimo ribasso. L?innovazione dovrebbe servire a redistribuire il reddito oltre che il lavoro, non a favorire esclusivamente un?economia low cost.C? il rischio che pochi grandi aziende alla fine determinino la nuova organizzazione del lavoro?La concentrazione di potere nelle mani di pochissime aziende non ha precedenti nella storia delle rivoluzioni industriali. C? un problema di equilibrio di poteri. Gli strumenti e i mezzi per informare la societ sono nelle mani di pochi e non distribuibili, le nuove tecnologie plasmeranno la societ e non solo le mansioni di lavoro. Qui si propone un grande tema democratico. Non che i nostri destini compiuti, cio che scelte faremo, che cosa leggiamo, come mangiamo e cos via possono essere ?eterodiretti? da chi possiede quei mezzi di produzione. E quindi qui si ripropongono le grandi ragioni dell?esistenza della politica e della contrattazione collettiva.L?innovazione dovrebbe servire a redistribuire il reddito oltre che il lavoro, non a favorire esclusivamente un?economia low costA proposito di politica, siamo in campagna elettorale, quali proposte vede in merito a questi temi?Il tratto che in questo momento vedo da un lato continuare nella logica liberista, e cio che bisogna avere meno costo del lavoro e meno diritti. C? poi un po? di discussione, anche se confusa, su quali misure fiscali adottare nel momento in cui la produttivit e i profitti non sono pi solo figli del lavoro umano, dentro per un mondo fatto di tante regole differenti, per cui i grandissimi alla fine decidono autonomamente. Ma il cuore, cio il rapporto tra tecnologia e dignit del lavoro, mi pare che sfugga molto. Ne discutono tanti, dai ricercatori ai gruppi di lavoro anche del sindacato globale, ma la politica sembra molto indietro. Non si va oltre gli slogan dell?industria e dell?impresa 4.0, che per di pi sono fuorvianti e riduttivi.Perch?Se si immagina che la trasformazione riguardi solo i cicli manifatturieri, si sbaglia. Abbiamo gi avuto trasformazioni nella logistica, nel terziario, nella sanit . E allora continuare a indicarla come un?attivit delle imprese industriali non capire gli effetti di trasformazione collettiva. ? non capire che il flusso di dati e la capacit di programmare riguarda l?azienda dell?auto, ma anche ospedali, supermercati, la condizione generale di cittadino. Continuare a considerarla come un processo per cui costruisco una strategia di incentivazione per le imprese, senza domandarmi come invece quelle tecnologie cambiano la societ , significa non avere un progetto per il Paese. La politica cos si ritrae di fronte alla finanza e all?economia, rinunciando a un ruolo di progettazione della societ .E invece la Cgil cosa propone?Noi proponiamo un grande processo di codeterminazione e di partecipazione alla necessit di investire e accelerare l?innovazione tecnologica, usando lo strumento principe della contrattazione. Non sufficiente la logica di incentivazione degli investimenti privati. C? anche un grande tema di investimento pubblico nella ricerca e nell?istruzione. Bisogna definire quali sono le nuove condizioni di lavoro, cosa vuol dire dipendere da un flusso di dati, cosa vuol dire che un algoritmo che decide i miei turni di lavoro. Per dirla con uno slogan, necessario contrattare l?algoritmo. E serve immaginare un percorso di formazione permanente sia per quelli che non sono nativi digitali, sia per quelli che lo sono, in modo da evitare fenomeni di marginalizzazione. E poi c? un tema di orario di lavoro.Cio?Dobbiamo scegliere la strada della riduzione e redistribuzione dell?orario, soprattutto quando la tecnologia distrugge lavoro. Abbiamo dinanzi un orizzonte che ci dice si pu lavorare meno per poter lavorare tutti, vecchio slogan che per torna di attualit . Ma la logica unicamente la massimizzazione del profitto, con l?aumento dell?orario di lavoro, facendo lavorare di pi i pochi e quindi determinando forme di disoccupazione e part time involontario. In pi c? il problema del tempo di lavoro nel tempo di vita, perch a norme attuali noi nella digitalizzazione cominciamo a lavorare a 15 anni e se va bene smettiamo a 70. Non mi pare un grande orizzonte.Abbiamo dinanzi un orizzonte che ci dice si pu lavorare meno per poter lavorare tutti, vecchio slogan che per torna di attualit . Ma la logica unicamente la massimizzazione del profitto, con l?aumento dell?orario di lavoro, facendo lavorare di pi i pochiIl sindacato per, di fronte a questa grande trasformazione, soffre un gap di innovazione. Guardiamo agli scioperi auto-organizzati dei rider del food delivery, ad esempio.Che stiamo soffrendo un gap indubbio. La narrazione attuale che un immanente potere superiore ti impedisce di organizzarti. Bisogna ricostruire una narrazione per cui sindacalizzazione non un rischio ma un?opportunit per condizioni migliori. E in pi il sindacato deve essere presente in luoghi che non sono quelli tradizionali. Dall?altro lato c? il problema che noi abbiamo affrontato con la Carta dei diritti, e cio non puoi imaginare che i diritti fondamentali del lavoro vengano esclusivamente laddove tu hai un contratto di lavoro subordinato! Tutto ci va tradotto in azioni concrete. Con una battuta potrei dire: ?Ci serve pi sindacato di strada, meno sindacato degli uffici?.Qualcuno aggiungerebbe anche ?meno sindacato dei pensionati?…Questo sbagliato. ? una contrapposizione che non ha senso. Basta pensare che uno dei grandi temi delle tecnologie esattamente come ti confronti con l?invecchiamento attivo. La vera questione non contrapporre rider e pensionati, ma sapere che la nostra forza deve aiutare anche i rider a trovare la loro forma organizzativa. ? una sfida assai impegnativa e molto pi reale e concreta di una una teorica contrapposizione tra giovani e anziani. di Lidia Baratta da linchiesta.it
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